Raggi, il dossier per Conte: «Roma come una Regione»

Raggi, il dossier per Conte. «Roma come una Regione»
di Lorenzo De Cicco
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Venerdì 21 Settembre 2018, 09:08 - Ultimo aggiornamento: 13:56
Roma come una Regione. E un Comitato di saggi, rigorosamente trasversale e allargato anche a costituzionalisti di area Pd, che metta nero su bianco la riforma per rafforzare i poteri della Capitale. Sono i due capisaldi del dossier che stamattina Virginia Raggi illustrerà a Giuseppe Conte, nel primo faccia a faccia tra la sindaca e il premier del governo pentaleghista. Ieri Raggi ha concluso il suo tour dei ministeri, stringendo la mano a Erika Stefani, la responsabile degli Affari Regionali e delle Autonomie. Prima ancora, da giugno a oggi, la prima cittadina aveva incontrato i big dell'esecutivo gialloverde, da Di Maio a Salvini, passando per Toninelli, Fraccaro, Bonisoli, Costa e Bongiorno. Un pellegrinaggio di ministero in ministero, per portare a dama la grande riforma, come la chiamano a Palazzo Senatorio.

IL MODELLO
L'obiettivo è dare a Roma gli stessi strumenti amministrativi - e lo stesso portafoglio, in proporzione - di Parigi, Berlino e Londra. Per far sì che la Città eterna non sia più un comune con gli stessi poteri degli altri ottomila sparpagliati lungo lo Stivale. Nel faccia a faccia a Palazzo Chigi, in programma oggi alle 10, Raggi chiederà al premier di guidare una «Cabina di regia per la Capitale», di cui dovrebbero fare parte il Comune, la Regione guidata dal dem Nicola Zingaretti, la Città metropolitana e i ministeri strategici.

Il traguardo finale fissato dal Campidoglio è equiparare l'Urbe a una Regione, fatta eccezione per la sanità che rimarrebbe in capo alla Pisana. All'amministrazione della Capitale passerebbero invece competenze (e soldi) sui trasporti pubblici e sulle scuole. E la delega sulle politiche del lavoro.

I FONDI EXTRA
Raggi punta poi a istituzionalizzare le «spese di rappresentanza», cioè i fondi sborsati dal governo per compensare l'impatto sulla città di alcuni oneri connessi al ruolo di Capitale (per esempio la presenza dei ministeri o la ridda di manifestazioni e cortei che i romani devono sopportare). «Parigi questi soldi già li ha», dicono intorno al Marc'Aurelio. L'obiettivo è rimpinguare allora i 110 milioni di «extra-costi» strappati da Ignazio Marino nel 2014. Per arrivare a quanto? Nel dossier non c'è una cifra, ma più volte Raggi ha parlato di 1,8 miliardi per finanziare gli interventi della cosiddetta Agenda per Roma.

Sullo scacchiere politico, l'operazione sognata dai pentastellati romani ha la benedizione di Di Maio e pure di Beppe Grillo, che da un anno e mezzo - da quando al governo c'era ancora il Pd - spinge per rinforzare i poteri di Roma, sostenendo che «o diventa Capitale davvero o non ce la fa».

Salvini è già stato informato della mossa del Campidoglio. Al Carroccio i Cinquestelle hanno spiegato che Roma, oggi, coi bilanci approvati per tempo e i conti meno traballanti del passato, «non è più ladrona», come dice Raggi, anzi. Del resto nel contratto di governo M5S-Lega è stato scritto chiaro: tocca «rilanciare il disegno attuativo delle disposizioni costituzionali su Roma Capitale con legge dello Stato» e sancire «un nuovo Patto tra la Repubblica e la sua Capitale, restituendole nuova e definitiva dignità». Si partirà quindi dal varo dei decreti mai attuati della riforma del 2011, poi si passerà agli altri step, fino a quelli che interessano l'assetto istituzionale.

L'ORGANISMO
A mettere nero su bianco la riforma, accanto alla Cabina di regia, Raggi vorrebbe un pool di tecnici super partes. A Conte oggi la sindaca chiederà l'istituzione di un Comitato di saggi, allargato a costituzionalisti ed esperti di tutte le estrazioni politiche, compreso il Pd. È soprattutto un segnale da mandare all'esterno, per far passare il messaggio che una riforma che rilanci Roma è interesse di tutti.

 
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