Del resto i risultati ottenuti da Aequa Roma, l'«Equitalia del Campidoglio», come si legge nell'ultimo rapporto di gestione, non sono proprio brillanti. Un esempio: il contratto di servizio stipulato con il Dipartimento Risorse economiche prevedeva che nel 2015 almeno «il 90%» delle controversie di medio e grande importo (superiori ai 15mila euro) venisse smaltito entro 150 giorni. Quante di queste pratiche sono state effettivamente trasmesse in tempo? Appena «l'8%».
I NUMERI
Nel dettaglio, il «riaccertamento» dei crediti avviato dal Campidoglio ha certificato che nelle casse di Palazzo Senatorio, al 31 dicembre 2016, mancano esattamente 5.960.959.554 euro, praticamente la stessa cifra del 2015. Nel corso dell'anno passato, il Comune è riuscito a incassare circa 1 miliardo di euro, (perché a gennaio 2016, per una serie di allineamenti contabili, i crediti erano lievitati fino a superare i 7 miliardi di euro), mentre 112 milioni sono stati cancellati perché ormai inesigibili.
La fetta più grossa della torta dei soldi che il Comune non incassa riguarda le «entrate extratributarie». Quindi le multe staccate dai vigili urbani, ma anche i proventi dei servizi pubblici erogati dall'amministrazione e per cui è prevista una tariffa: le rette degli asili nido e delle mense scolastiche, le tariffe dei servizi sociali, le sottoscrizioni per gli impianti sportivi gestiti dal Campidoglio, le tasse per le manifestazioni turistiche. All'appello, si legge nel documento approdato ieri in giunta, mancano 2,59 miliardi di euro. Oltre 1,7 miliardi invece riguardano le «entrate tributarie», a partire da Imu, Ici e Tasi.
Sul debito storico del Comune, antecedente al 2008, ieri è intervenuto anche l'assessore al Bilancio, Andrea Mazzillo, in risposta all'intervista al Messaggero del commissario per il debito, Silvia Scozzese. «Quello che ci preoccupa - ha detto Mazzillo - è l'enorme mole di interessi che pesa per circa la metà del debito complessivo e che è pagato per il 40% dai romani con l'addizionale Irpef più alta d'Italia. L'invito al governo è di rinegoziare i mutui più onerosi».
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