Campidoglio, ipotesi Causi vicesindaco: ma la grana dei doppi incarichi agita il Pd

Campidoglio, ipotesi Causi vicesindaco: ma la grana dei doppi incarichi agita il Pd
di Simone Canettieri
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Sabato 18 Luglio 2015, 06:12 - Ultimo aggiornamento: 09:46
C'è il problema del doppio incarico, che nel Pd più riflessivo è visto come benzina nei motori grillini e che soprattutto potrebbe scoperchiare uno dei misteri di Fatima: l'elezione di Marco di Stefano. Poi ecco il nodo della presidenza della commissione Finanze della Camera, che mercoledì dovrebbe sbloccarsi. E infine le critiche, che arrivano silenziose ma taglienti da ampi pezzi del Pd, sulla scelta in sé: il ritorno di Marco Causi in Campidoglio, questa volta come vicesindaco e non più come assessore al Bilancio come ai tempi delle giunte Veltroni.

Esperienza che in molti al Nazareno giudicano, risultati e numeri alla mano, «controversa». C'è quanto basta per far scoppiare un caso per un'operazione politica che è tutto tranne che fatta. Matteo Orfini, commissario del Pd romano, si è limitato a dire ai suoi: «Causi vicesindaco? Sarebbe bello, vedremo come finirà». C'è chi garantisce chi su questo nome ci sia una triangolazione Marino-Orfini-Renzi, e chi invece la nega, soprattutto per conto dell'ultimo lato del triangolo.



IL REBUS

Per permettere al parlamentare Causi di entrare in giunta, mantenendo la poltrona alla Camera, servirebbe una deroga allo Statuto del Pd. Un piccolo strappo alle regola per una nomina controversa. Di casi simili in giro per l'Italia se ne contano davvero pochi. «E di sicuro - assicurano dai piani alti del Nazareno - sarebbe l'unica per Roma». Come a dire che l'ipotesi circolata nei giorni scorsi di una super giunta con senatori e parlamentari è roba fantascientifica. Ma soprattutto qualora l'operazione dello sdoppiamento di cadrega dovesse andare in porto, si aprirebbe un altro caso. Perché c'è un precedente, che riguarda proprio la giunta Marino, ancora avvolto nel mistero. Bisogna ritornare al giugno del 2013. Il chirurgo dem ha appena scalato il Campidoglio ed è alle prese con un toto-giunta, tanto per cambiare, molto complicato. Le sue proposte si scontrano con i «no» dei diretti interessanti. Quello più rumoroso è di Lorenza Bonaccorsi, parlamentare. Poi la scelta, in tutta fretta, ricade su Marta Leonori, anche essa fresca di elezione alla Camera. A un patto: che lasci Montecitorio per andare a Palazzo Senatorio, aprendo così la porta al primo dei non eletti. Quel Marco di Stefano, già conosciuto ai tempi della Regione con Piero Marrazzo per i metodi politici spicci e da qualche mese auto sospesosi dal Pd per via una di una serie di grane giudiziarie mica di ridere. Leonori, in vacanza negli Usa, seguirà alla lettere le indicazioni arrivatele dalla scuderia dem e da Marino.

Ora, al netto della straordinarietà del momento, sono in molti nel Pd a chiedere chiarezza sul quel giallo rimasto ancora irrisolto. «Soprattutto ora che Orfini ha intrapreso questa battaglia di pulizia, legalità e trasparenza nel partito».



L'INCASTRO

Chi ha parlato con il discusso ex assessore di Veltroni dice che egli ambirebbe più che altro a presiedere la commissione Finanze della Camera, di cui è capogruppo per i democrat. Mercoledì, nell'ottica di un rimpastino generale tra commissioni e governo, Renzi dovrebbe indicare il successore di Daniele Capezzone (ex Forzista, ora passato con i Conservatori Riformisti di Raffaele Fitto, residuato bellico delle larghe intese lettiane). Ruolo che potrebbe essere ricoperto da Causi, e allora sì che il Comune sarebbe un miraggio, altro che doppio incarico. In Transatlantico gira anche un'altra versione, più machiavellica. La racconta un parlamentare romano: «Hanno promesso a Causi di fare il vicesindaco, per toglierlo dalla toto presidenza della commissione, ma poi alla fine non farà né l'una né l'altra cosa».

L'incastro è molto complicato, anche perché per il ruolo di vicesindaco i renziani duri e puri pensano a una mente politica e non tecnica, come l'ex assessore veltroniano. E allora per il momento non se ne esce. Tra smentite, accuse velenose sul passato e «forse sì, chissà» orfiniani.



I PRECEDENTI

E qui si ritorna alla domanda iniziale: per una situazione emergenziale come è quella di Roma può bastare un assessore a mezzo servizio, costretto a dividersi tra i lavori dell'Aula Giulio Cesare, le giunte di Marino, le commissioni alla Camera e le votazioni in Parlamento? In molti, dicono di no.

Tali esperimenti di ubiquità politica si sono già visti in Comune, anche di recente. Uscirono dalla cucina di Gianni Alemanno, accompagnati dalle grida dell'opposizione di centrosinistra. E' il caso di Mauro Cutrufo, vicesindaco per tre anni e due mesi e allo stesso tempo senatore della Democrazia cristiana di Rotondi; poi toccò a Maurizio Leo, assessore al Bilancio per due anni e contemporaneamente parlamentare del Pdl. Il top si toccò con Alfredo Antoniozzi che per tre anni e mezzo si divise tra l'assessorato alla Casa e un seggio all'europarlamento.