Roma, la crisi di Raggi e il piano Zingaretti. Il governatore punta alla segreteria del Pd

Roma, la crisi di Raggi e il piano Zingaretti. Il governatore punta alla segreteria del Pd
di Simone Canettieri
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Martedì 26 Giugno 2018, 07:41 - Ultimo aggiornamento: 27 Giugno, 21:23

C'è chi registra l'ennesimo funesto scricchiolio del modello Raggi, come sostiene senza mezzi termini Roberta Lombardi, che si è vista scippare il feudo sotto casa: «Paghiamo la rassegnazione dei romani - ha commentato con i militanti la capogruppo in Regione del M5S - che non vedono risultati da questa giunta». E, come in un gioco degli specchi, c'è anche chi, dietro la conquista del III municipio, intravede la riscossa di un modello ormai da esportare. Quello del governatore del Lazio Nicola Zingaretti: sinistra e chiesa e tanta società civile piena di associazionismo.

IL SUMMIT
L'analisi del voto nella Capitale riapre una partita dal respiro lungo. Ieri Raggi ha passato il pomeriggio con la giunta a cercare di capire come ripartire. Nonostante l'inchiesta sullo stadio della Roma, il processo che la riguarda e una macchina amministrativa ancora sotto choc per l'arresto eccellente di Luca Lanzalone, il super consulente.
«Dobbiamo dare risposte ai cittadini sui servizi essenziali - ripetono in Comune in queste ore - e dunque puntare su strade, verde pubblico, rifiuti e trasporti. E tornare tra la gente magari, prendendoci i fischi». Al momento c'è un po' di rassegnazione nei confronti degli eventi. «Il cambiamento di Roma è un banco di prova implacabile, al di là di Virginia», dice Francesca De Vito, consigliera regionale M5S e sorella di Marcello, presidente del consiglio comunale. E dunque in Campidoglio si cammina avanti e indietro lungo i corridoi, contando i municipi ormai governati dal centrosinistra (quattro), i voti persi per strada in due anni (30mila) e cercando conigli da far uscire dal cilindro. L'unica salvezza alle sabbie mobili, sottolineano un po' tutti, può e deve arrivare dal Governo amico. Magari dal Tavolo per Roma promesso dal vicepremier Luigi Di Maio, anche se l'inchiesta su Lanzalone e sulla primogenitura di chi lo ha portato a Roma ha creato qualche tensione nei rapporti personali tra la sindaca e la triade pentastellata Di Maio-Bonafede-Fraccaro.

Per un M5S che cerca di armarsi per partire, c'è un centrosinistra che prova proprio da Roma, primo segnale di declino del renzismo, a ripartire dietro al successo di Giovanni Caudo nel III municipio e di Amedeo Ciaccheri nell'VIII. Zingaretti, che ha incassato vittorie importanti anche in provincia a partire da Fiumicino, spiega che «un ciclo storico si è chiuso». E che in questi anni «non ci sono sfuggiti i dettagli ma il quadro di insieme». Per il governatore, «c'è un lavoro collettivo da realizzare: deve partire subito e coinvolgere non solo il Pd».

LA SCALATA
Il presidente della Regione continua a puntare alla segreteria del Nazareno, ma per il momento tiene coperte le sue carte. Il congresso, dopo la disfatta in Toscana, adesso torna ad avvicinarsi e il modello Lazio può tornare utile è un grimaldello. Ecco perché sottolinea che «non bastano semplici aggiustamenti» e «tantomeno bastano povere analisi di circostanza».
Detta così sembra facile, ma anche la questione romana, seppur vincente, rischia di creare un cortocircuito nel Pd. Il neo minisindaco Caudo, che fu assessore con Ignazio Marino, invita tutti a «riannodare i fili di quella esperienza». Tanto che potrebbe portarsi in giunta Francesca Danese, già responsabile dei Sociali sociali nell'ultimo tratto di strada del chirurgo dem. I renziani romani, che non a caso alle primarie puntavano su un altro candidato sempre in asse con i Giovani Turchi di Matteo Orfini, adesso fanno buon viso a cattivo gioco: «Viva Caudo». Ma insomma, gli equilibri sono abbastanza delicati. Problemi di cui si farà carico Zingaretti che inizia a muoversi a tutto campo (oggi vedrà i sindaci del Lazio, giovedì i presidenti dei municipi). Un «riscaldamento» prima di iniziare la scalata.
 

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