Lazio peggio della Campania: più rifiuti con meno impianti

Lazio peggio della Campania: più rifiuti con meno impianti
di Mauro Evangelisti
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Mercoledì 21 Novembre 2018, 01:20 - Ultimo aggiornamento: 13:15
Quattro numeri spiegano come il Lazio e Roma rischiano di trovarsi sull’orlo di un’emergenza rifiuti peggiore di quella che appare come uno spettro a Napoli. In Campania, c’è un solo inceneritore funzionante come nel Lazio, ma brucia quasi il doppio di rifiuti: stando al rapporto Ispra 2017 (su dati 2016) il termovalorizzatore di Acerra (Napoli) vale 725 mila tonnellate annue, quello di San Vittore (Frosinone) 281mila. Nel 2017 c’è stato un aumento, l’impianto di San Vittore è salito a 380mila, ma è comunque distante dal quantitativo trattato nell’impianto campano. Secondo dato, sorprendente, sempre sulla base del rapporto Ispra 2017: la Campania fa la differenziata meglio del Lazio, con una percentuale certificata sul 2016 del 51,6 per cento rispetto al 42,4 di Roma e delle altre quattro province.
 


SCENARI
Più differenziata significa meno indifferenziato da lavorare e quindi meno fame di inceneritori e discariche. In particolare a Roma, malgrado sforzi e promesse, la differenziata sale di uno o due punti all’anno. E soprattutto crescono, in valore assoluto, le tonnellate di indifferenziato da smaltire. Come mai? Sta aumentando del 2-3 per cento la produzione complessiva dei rifiuti e questo fa sì che Roma abbia in un anno quasi un milione di tonnellate di indifferenziato da smaltire. Ecco perché ogni giorno dalla Capitale almeno 200-220 tonnellate di combustibile da rifiuti (ciò che viene prodotto dopo il passaggio negli impianti di trattamento) partono verso inceneritori dell’Emilia-Romagna e della Lombardia (per la parte lavorata da Ama).

L’enorme problema che sia Lazio, sia Campania si trovano a dover risolvere, è che il mercato dei rifiuti è cambiato: la Cina ha chiuso le frontiere per quanto riguarda i prodotti della differenziata, in Europa ci sono sempre meno spazi disponibili negli impianti. Due effetti: l’incremento preoccupante di roghi dolosi di depositi di rifiuti, l’aumento dei prezzi da pagare per trovare disponibilità in inceneritori in giro per l’Italia. Ama oggi si salva pagando un costo altissimo, 205 euro a tonnellata, ma si tratta di contratti ponte, visto che la maxi gara d’appalto è andata deserta. Solo quella, valeva 188 milioni di euro per due anni e questa cifra spiega quanto sia dolorosa, in termini economici, la carenza di impianti.

ASTA
Roma è condannata a una sorta di asta ora che anche la Campania cerca altri sbocchi. C’è un paradosso: il Lazio aveva un secondo inceneritore, a Colleferro, di proprietà di Lazio Ambiente (Regione) e Ama, si era fermato per la ristrutturazione, erano già stati acquistati anche dei pezzi, ma alla fine la giunta Zingaretti ha deciso che quell’impianto non ripartirà, convinta che altri inceneritori non servano. Orientamento ribadito ieri nel corso del consiglio regionale straordinario sui rifiuti dall’assessore Massimiliano Valeriani: «I termovalorizzatori ad oggi sono ancora insostituibili, ma entro il 2030 non se ne potranno più costruire, secondo le normative europee, e dovrà iniziare la sostituzione di quelli esistenti».

Tesi sostenuta anche dal ministro dell’Ambiente, Sergio Costa: «Lazio e Campania sono in affanno, non in emergenza. Comunque costruire inceneritori in risposta a un’emergenza è tecnicamente sbagliato. Per metterne in funzione uno ci vogliono 7 anni, 20 per rientrare dall’investimento. Nel frattempo la differenziata cresce, cosa gli diamo da mangiare a un inceneritore?». Ma la fragilità del sistema laziale va oltre all’insufficienza dell’inceneritore. Roma non ha una discarica e la Città metropolitana non ha mai indicato le aree dove realizzarle; Roma e il Lazio non hanno sufficienti impianti di compostaggio (stabilimenti che lavorano la frazione organica) e i due progetti dell’Ama sono, appunto, ancora solo progetti.
 
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