A che punto siete, Magi?
«Abbiamo già superato la metà delle adesioni necessarie. Nella stragrande maggioranza dei casi a firmare è chi abita in periferia, dove i disagi si sentono di più. Vorremmo riuscire a mettere in calendario la consultazione nella primavera del 2018».
Anche Matteo Renzi ha aperto al referendum («meglio affidare i trasporti ad aziende che lo sappiano far funzionare, anziché a sigle corporative»). C’è feeling con il Pd?
«So che alcuni esponenti dem si stanno mobilitando, spero ci diano una mano. Per Roma i trasporti sono uno snodo cruciale e il problema della mobilità, lo dicono tutti i sondaggi, è quello più sentito dai cittadini».
Perché il Campidoglio dovrebbe tagliare i ponti con Atac?
«Perché stiamo parlando di una società partecipata che è stata usata da tutte le amministrazioni, di ogni colore politico, come bacino di clientele. È un’azienda tecnicamente fallita. Ma il punto vero è che non offre servizi efficienti. E il Comune lo sa che Atac è inadempiente».
In che senso?
«Negli ultimi anni non ha mai rispettato il contratto di servizio. Ha perso centinaia di milioni di euro, chiude con i bilanci in rosso da anni. Dal 2006 al 2015 l’offerta complessiva dei trasporti è diminuita di 13 milioni di vetture/chilometro. L’offerta dei bus elettrici si è ridotta dell’80%, l’offerta tranviaria è calata del 30%. Poi c’è l’aspetto economico-finanziario».
Un debito monstre da 1,2 miliardi di euro...
«Il fatto è che il monopolio di Atac è ormai insostenibile per le finanze comunali e non produce risultati neanche lontanamente sufficienti. Il ricorso alle gare europee è l’unico strumento che possa abbassare i costi e quindi aumentare le frequenze degli autobus e la qualità del servizio».
Che ruolo dovrebbe avere a quel punto il Campidoglio?
«Il Comune dovrebbe occuparsi solo di programmare il servizio pubblico sulla base della domanda che c’è e di controllare le prestazioni, lasciando alle aziende private la gestione diretta dei trasporti».
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