«Raggi non decise da sola la nomina di Marra senior»

Marra senior e Raggi
di Michela Allegri e Cristiana Mangani
4 Minuti di Lettura
Martedì 24 Gennaio 2017, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 18:48

Si è assunta la responsabilità della nomina di Renato Marra, fratello di Raffaele, finito in carcere per corruzione. E ora una chat, quella aperta tra lei e il suo ex braccio destro, sembra smentirla. Virginia Raggi e quell’incarico tanto discusso non trovano pace. Chi ha deciso veramente di promuovere Renato Marra a capo della Direzione del Turismo di Roma Capitale? Il primo cittadino o il fratello, all’epoca capo del personale? A giudicare dal contenuto della conversazione riservata, la sindaca avrebbe accettato la decisione a scatola chiusa. E poi, davanti ai malumori dell’opposizione e degli stessi 5 stelle per quell’aumento di ventimila euro nella busta paga, gli avrebbe scritto: «Raffaele, questa cosa dello stipendio mi mette in difficoltà, me lo dovevi dire».

LE CONTRADDIZIONI 
Dunque, Raggi non sapeva i termini di quella nomina, al contrario di quanto, invece, sostenuto con l’Anac di Raffaele Cantone. Il messaggio è finito nell’informativa dei carabinieri del Nucleo investigativo, che è stata depositata ieri alla pm Barbara Zuin, titolare del fascicolo in cui Marra risulta indagato per corruzione insieme all’immobiliarista Sergio Scarpellini. Lo scambio di sms non sarebbe d’interesse investigativo nell’inchiesta per corruzione, ma potrebbe essere fondamentale nell’ambito di un’altra indagine: quella sulle nomine in Campidoglio varate dalla giunta pentastellata, nel quale il primo cittadino potrebbe essere indagata per abuso d’ufficio. Raffaele Marra, infatti, all’epoca era a capo del Personale e si sarebbe dovuto astenere dalla decisione sul fratello che, oltretutto, andava a ricoprire una postazione dirigenziale, con un trattamento economico tale da rendere necessario un bando pubblico.

Ma la sindaca ha voluto comunque assumersi la responsabilità di quella nomina e ha dichiarato di essersi occupata personalmente della faccenda, vagliando i curricula dei candidati, e che Marra non era mai stato interpellato in merito alla questione. Dalla chat, invece, sembra emergere un’altra verità. Perché, prima Raggi chiede all’ex finanziere informazioni su come poter inquadrare il fratello. Poi, a nomina avvenuta, reagisce con stupore non appena legge sui giornali che Renato ha avuto un aumento di stipendio di circa 20mila euro. E così ne chiede conto al suo ex braccio destro.

Resta in piedi, quindi, nell’indagine della procura il palese conflitto di interessi e gli atti in contrasto tra loro. E questo non fa che accreditare l’ipotesi dell’arrivo di un avviso di garanzia per abuso d’ufficio nei confronti del primo cittadino. La sensazione che Raggi possa finire sul registro degli indagati è diventata sempre più concreta sin da prima di Natale, quando dall’Autorità anticorruzione è arrivato il parere sulla promozione di Renato Marra, avvenuta mentre il fratello rivestiva l’incarico di direttore del dipartimento Organizzazione e Risorse umane di Roma Capitale. Le conclusioni non lasciano dubbi: «È configurabile il conflitto di interessi e Raggi lo sapeva. Tale situazione - spiega l’Authority - sussiste sia nel caso in cui il dirigente abbia svolto un mero ruolo formale nella procedura, che nell’eventualità di una sua partecipazione diretta all’attività istruttoria».

DANNO ERARIALE
Da qui la decisione di inviare la delibera adottata alla procura di Roma. Ed essendo configurabile anche il danno erariale, gli atti sono finiti alla procura regionale della Corte dei conti. E all’Ispettorato della funzione pubblica, per le questioni relative all’inquadramento di Marra nei ruoli della dirigenza di Roma Capitale. Mentre il parere dell’Anac è stato acquisito nelle inchieste sulle nomine del procuratore aggiunto Paolo Ielo e del sostituto Francesco Dall’Olio. A questo punto è facile immaginare che l’iscrizione della sindaca sul registro degli indagati sia la logica conseguenza. Anche perché è stata lei stessa ad assumersi le responsabilità di questa procedura. Ha dichiarato, infatti, di aver compiuto tutto da sola e di aver deciso in assoluta autonomia l’istruttoria sul conferimento degli incarichi dirigenziali. Mentre nell’ordinanza con cui è stata conferita la nomina si fa esplicito riferimento a una istruttoria «svolta dalle strutture competenti ai sensi della disciplina vigente». Una «contraddizione» palese che l’Anac non ha potuto fare a meno di sottolineare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA