Virginia Raggi, il pm: «Condannate il sindaco a 10 mesi per falso»

Virginia Raggi, il pm: «Condannate il sindaco a 10 mesi per falso»
di Michela allegri e Sara Menafra
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Venerdì 9 Novembre 2018, 17:57 - Ultimo aggiornamento: 10 Novembre, 08:21

Nella nomina di Renato Marra a capo della direzione Turismo, il fratello Raffaele «ci ha messo una manina ma la sindaca sapeva». È la sintesi dell'impianto accusatorio con cui la Procura di Roma ha chiesto una condanna a 10 mesi per Virginia Raggi imputata per il reato di falso. Il culmine della requisitoria del procuratore aggiunto Paolo Ielo e del sostituto Francesco Dall'Olio durante la quale hanno ricostruito il rapporto tra la Raggi e il suo ex capo del personale e, a sorpresa, depositato il codice etico degli M5S che era in vigore nel dicembre del 2016. 

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Secondo la Procura, nella comunicazione alla rappresentante dell'Anticorruzione in Campidoglio, Maria Rosa Turchi, in merito ai rilievi Anac sulla nomina di Marra senior, Raggi «mentì» perché se avesse detto che quella promozione era stata gestita dal fratello Raffaele, sarebbe incorsa in un'inchiesta e «in base al codice etico allora vigente negli M5S, avrebbe dovuto dimettersi». Una interpretazione, però, respinta dalla stessa sindaca che, in una dichiarazione spontanea, ha precisato che «negli atti normativi del movimento nella prassi applicativa l'espulsione non è mai stata applicata, sia Nogarin che Pizzarotti, indagati, non furono espulsi.

Pizzarotti fu sospeso perché omise di comunicare che era stato iscritto nel registro». Il vicepremier, Luigi Di Maio, dal canto suo, sollecitato dai giornalisti a rispondere sul processo a Virginia Raggi si è limitato a richiamare le regole del movimento: «io non conosco l'esito del processo ma il nostro codice di comportamento parla chiaro e lo conoscete». Nel corso della requisitoria i pm si sono lungamente soffermati sulla figura di Marra. «Non era come gli altri 25 mila dipendenti comunali» e «andava protetto perché era 'uomo-macchinà e fondamentale per la nuova amministrazione perché a conoscenza di tutte le difficoltà», ha sostenuto l'accusa. In altri termini «senza di lui non si poteva andare avanti».

Per quanto riguarda la Raggi, invece, «ci sono elementi chiari, univoci e concordanti per sostenere che fosse assolutamente consapevole del ruolo in concreto svolto da Marra nella nomina del fratello: non era un ruolo compilativo o di chi ha meramente eseguito in modo pedissequo quanto deciso dalla sindaca». L'udienza si era aperta con l'audizione dell'ex capo di gabinetto, Carla Raineri, dalle cui denunce è nato anche il procedimento sulla Raggi. Il magistrato, dimessosi il primo settembre del 2016, ha descritto come primario il ruolo di Marra nell'amministrazione. «Era il consigliere privilegiato del sindaco», ha detto Raineri. Lui e Romeo, quest'ultimo ex capo della segreteria politica di Raggi «si comportavano in maniera autoreferenziale e arrogante, Marra almeno manteneva sempre un bon ton istituzionale, mentre Romeo era arrogante e maleducato».

E ancora: «stavano in tre in una stanza a porte chiuse, per riunioni inaccessibili a tutti se non all'allora vice sindaco Daniele Frongia. Marra aveva un fortissimo ascendente sulla sindaca. Erano stati coniati vari epiteti per Marra, eminenza grigia, Richelieu, sottolineando la debolezza della sindaca come quella della zarina ai tempi di Rasputin». Una ricostruzione definita dalla Raggi come surreale. «In questo processo si parla di un mio presunto falso e per quattro ore abbiamo ascoltato parole simili a gossip. Non ho mai risposto alle interviste rilasciate, a volte mordendomi la lingua, per le cose palesemente false affermate», ha detto la sindaca davanti al giudice monocratico. Domani la parola passa alla difesa e poi la sentenza attesa nel pomeriggio.

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