«No, e soprattutto - specifica l’europarlamentare del Pd - il sindaco dopo aver lanciato un’allerta del genere non se ne va via dalla città che amministra».
Da Milano Marino è rimasto in contatto con il Campidoglio costantemente e si era detto pronto a ritornare indietro se la situazione si fosse aggravata.
«No, non è così che funzionano le cose. Se c’era un modo per allontanare anche i due romani su dieci che si sentono rappresentati dal Comune è stato trovato. Se te ne vai a Milano significa che non sei in grado di avere la giusta autorevolezza. D’altronde, basta andare in giro per la città per capire quanti romani non si sentano rispettati dall’attuale amministrazione».
E poi c’è anche il caso delle multe. Negli altri Paesi della Ue se scoppia un caso del genere il politico non si precipita a rispondere alle domande della stampa?
«Sulle multe la fermo subito: non faccio il vigile urbano. E Marino saprà spiegare la vicenda. Certo, in Europa è buona prassi spiegare sempre tutto».
Lei ha il dente avvelenato con il sindaco perché la sconfisse alle primarie?
«Non è una questione personale. Roma sta sprofondando nell’incuria e nel degrado. E se l’occhio degli osservatori è rivolto al centro, nelle grandi periferie la situazione è arrivata al limite della sopportazione. C’è troppa distanza tra città e dibattito politico».
Anche il Pd romano non brilla di iniziativa. A proposito: parteciperà alla conferenza programmatica di metà novembre?
«Ma cos’è? Come ci si arriva? C’è stato un percorso? Mancano progetti, idee e discussioni per Roma. Non vorrei che fosse una burocratica passerella stile vecchio Pci».
Ma perché il Pd capitolino non riesce a cogliere il vento renziano?
«A maggio con le europee sono finite le correnti, invece a Roma continuano a ragionare come se fossero vive e vegete. A giugno avevo detto al sindaco: pensa a una ripartenza invece niente».
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