Muraro: «È una lotta per bande, non fanno gli interessi di Roma»

Muraro: «È una lotta per bande, non fanno gli interessi di Roma»
di Lorenzo De Cicco
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Giovedì 9 Febbraio 2017, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 18:41

Cinque mesi vissuti in Campidoglio l’hanno convinta che la giunta di Virginia Raggi «ha perso di vista il bene della città e lavora per altri obiettivi»; che oggi la prima amministrazione pentastellata della Capitale «non è coerente» con il programma Cinquestelle. Eccola Paola Muraro, la prima assessora grillina schiacciata da quella che non fatica a raccontare come una spietata «guerra tra bande», lotte clandestine a colpi di dossieraggi e veleni, spesso propagate dal «gruppetto di fedelissimi della sindaca», dove passavano tutte le decisioni, almeno fino all’arresto di Raffaele Marra. Descrive un Campidoglio dove le scelte strategiche non le prendono la sindaca e la sua maggioranza, ma «i vertici del M5S», gli stessi che molti assessori, come lei, «non hanno mai conosciuto». Ecco perché oggi, a meno di due mesi dalle sue dimissioni rassegnate per avere ricevuto un avviso di garanzia, l’ex responsabile all’Ambiente di Roma Capitale si dice «delusa e amareggiata» dalla giunta Raggi. Tanto da ammettere, a sorpresa, che ora non rivoterebbe più «Virginia». «Resterei a casa...».

Assessore, che idea si è fatta delle dichiarazioni di Paolo Berdini, che ha parlato di una Raggi attorniata da una «banda», da una «corte dei miracoli» e soprattutto di una sindaca «inadeguata e impreparata» a governare Roma?
«Onestamente non mi stupisce, sono cose che Berdini ha sempre detto, anche in giunta davanti a tutti. Pure di me parlò in quei toni, so che chiese le mie dimissioni se fossi stata indagata. Ma poi, quella volta, si è scusato».

Insomma, secondo lei dovrebbe restare al suo posto?
«Devo essere sincera? Non credo che uno possa parlare della sindaca in quel modo. Se lui ha detto quelle parole, è giusto che abbia presentato le sue dimissioni».

La sindaca però le ha respinte, almeno per il momento, dato che ha espresso comunque delle «riserve»...
«Sì, hanno accettato solo le mie di dimissioni. Vedo che adesso all’interno della giunta si difendono bene...».

Sembra dirlo con una discreta dose di disincanto?
«Guardi, io sono stata coerente con il programma del Movimento. Più grillina di me penso che non ci sia nessuno, da questo punto di vista. E consideri che io sono ancora grillina e per questo sono molto amareggiata».

Amareggiata. Per quale motivo?
«Beh, avevo votato il Movimento....»

E ora non li rivoterebbe più?
«Beh, diciamo che me ne resterei a casa» (ride).

Addirittura. Come mai?
«In questa giunta manca coerenza. Mancano soprattutto delle risposte a chi ha votato Cinquestelle. Prima avevamo un programma che era considerato come un vangelo. Ora non mi sembra che sia più così».

Chi comanda in Comune? Che rapporti aveva con Romeo e Marra?
«Quando ero assessore con il cosiddetto “Raggio magico” non avevo molti contatti. Questo gruppetto di fedelissimi aveva fatto la campagna elettorale con la sindaca. Si erano creati rapporti effettivamente molto stretti. E la sindaca si è appoggiata a loro. Alla fine è stato un errore. Alla luce di questi fatti anche io non so più con chi ho parlato. Sa, a Roma si fa fatica a capire di chi ci si può fidare...».

Si è resa conto della guerra tra bande nel Campidoglio grillino? Dei dossieraggi?
«Certo, ho capito che c’è stata una guerra sotterranea, anche su di me. Anche se all’epoca devo dire che non me ne sono accorta».

Avrà letto i messaggi della chat dei “quattro amici al bar”, dove l’ex capo segreteria Romeo chiede a Marra di «indagare sulla Muraro». Cosa ha provato scoprendo questi messaggi?
«Molta amarezza, io mi ero messa a disposizione. Ma alla fine ho pagato un prezzo alto. Questa guerra tra bande mi ha penalizzata moltissimo. Non capisco di cosa andassero in cerca, io ho provato a lavorare in modo preciso e con l’obiettivo di fare qualcosa per questa città, per provare a risollevarla. Ma forse gli obiettivi erano diversi».

Cosa vuole dire? Che in Comune non lavorano per il bene di Roma?
«Ormai non si capisce più niente. Non si capisce qual è il bene comune. Mi sembra che abbiano perso di vista questo».

Le sue dimissioni, a dicembre, sono state rese note dopo una riunione-fiume della maggioranza, in piena notte. La sindaca ha pubblicato il video-selfie all’1.30. Sapeva di quel vertice? Perché non appare nel video?
«Ho partecipato fino alla mezzanotte. Poi me ne sono andata. C’era una spaccatura, i consiglieri non volevano che mi dimettessi. Anzi, volevano affrontare subito il nodo del codice etico».

Chi ha voluto la sua testa, allora?
«Io so che sono andata via dopo avere presentato le mie dimissioni. Le ho date io, perché la mia vita non la lascio fare a brandelli da un gruppo di consiglieri e di politici. Loro si aspettavano le mie dimissioni e io le ho date. Sono stata coerente. Oggi penso che le avrebbero dovute respingere, come hanno fatto con Berdini».

Si aspettava che le respingessero?
«No, visto il clima che si era creato... Ho capito che non dipendeva nemmeno più dai consiglieri, dipendeva da altri».

Da chi?
«Dai vertici del Movimento. E mi faccia dire una cosa: dipendere dai vertici, che non ho mai conosciuto, non è una bella cosa».

Parliamo delle nomine che hanno portato all’iscrizione della sindaca sul registro degli indagati. Alcuni di voi si sono accorti di possibili abusi?
«Del fratello di Marra non ci siamo accorti di nulla. In giunta non è arrivato niente, perché dipendeva dal Dipartimento Risorse Umane. Di Romeo non ricordo la delibera, non ricordo se ci fosse la cifra dello stipendio. Noi ci siamo fidati di quello che ci diceva il segretariato generale».

 

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