Muraro, lo sfogo tra le lacrime: «Hanno voluto fermarmi mentre risanavo l’Ama»

Muraro, lo sfogo tra le lacrime: «Hanno voluto fermarmi mentre risanavo l’Ama»
di Simone Canettieri
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Mercoledì 14 Dicembre 2016, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 18:55

Primo sfogo, con le dimissioni ancora caldissime: «Ho toccato un sistema di potere che ha reagito, ho toccato grumi di interesse e queste sono le conseguenze. Volevo cambiare da dentro Ama: mi hanno fermato». Il secondo non è uno sfogo, ma una consapevolezza: «Il M5S mi ha trattato male». Ma bisogna partire dalla fine. L’armatura di Paola Muraro si apre di botto lunedì notte e diventa di latta, dopo mesi di resistenza a qualsiasi tipo di urto. Spuntano le lacrime sul volto dell’assessore che sembrava programmata ai peggiori «crash test».

IL PATTO
Per mesi ha respinto microfoni e telecamere ovunque («Assessore assessore, allora si dimette?»), bordate dell’opposizione («E’ legata al sistema di Mafia Capitale»), sviluppi dell’inchiesta che facevano emergere lati della sua vita privata, critiche feroci del M5S. Risposta della Muraro: «Ho Virginia dalla mia parte, vado avanti». Ecco, adesso è lunedì, la decisione è stata presa, sindaco e assessore che ormai sono anche abbastanza amiche si confrontano. Pianti e singhiozzi. Ancora l’ex responsabile dell’Ambiente: «Questo è il sistema Fortini che reagisce: si è visto messo a repentaglio». L’amarezza è tanta, Muraro incrocia qualche consigliere grillino: «Dimostrerò la mia estraneità ai fatti mi sono state attribuite accuse di gestione e responsabilità, ma io ero una semplice consulente». Muraro prima di lasciare il Campidoglio sigla un patto con «Virginia»: «Mi faccio interrogare e ritorno al mio posto: va bene?» «Proviamoci, Paola».
Secondo sfogo, lucido ieri mattina. Quando la notizia è di dominio pubblico, ci ha pensato Raggi con un video su Facebook che ormai ha più imitazioni della Monna Lisa. Muraro si sveglia sommersa dalle notifiche su WhatsApp. Dopo la fiducia alla Camera del Governo Gentiloni, la sua «storia» è la seconda notizia di tutti i siti internet. Il primo pensiero va alle figlie («Vanno a scuola, la gente parla, chissà cosa penseranno»). Poi le telefonate con i legali per la strategia. Ordine tassativo: Paola non rispondere ai giornalisti, non parlare, taci, pensiamo all’interrogatorio del 21 dicembre. E così è. L’assessore non si fa vedere nemmeno in ufficio. Rimane a casa. Fa però colazione in un bar in viale dell’Aventino.

GLI INTERROGATIVI
E qui c’è un altro sfogo questa volta è indirizzato verso l’universo del mondo pentastellato che l’ha accolta, sponsorizzata a suo tempo del deputato Stefano Vignaroli, e che ora la respinge con forza. «Non capisco perché adesso debba dimettermi, sono mesi, è da settembre che si sa della mia indagine. Non mi possono trattare così. Era naturale e scontato l’avviso di garanzia. Che modi sono questi?». Domande che non trovano risposte per tutta la giornata, passata a ringraziare chi le è stato vicino finora. In attesa di un riscatto che al momento passa dal tavolo dei magistrati. E pensare che si sarebbe vista bene, confidò una volta, come «ministro dell’Ambiente di un governo M5S». 
 

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