Regionali, Zingaretti: «Se vinco giù Irpef e Irap. Coalizione da Lorenzin a Grasso»

Regionali, Zingaretti: «Se vinco giù Irpef e Irap. Coalizione da Lorenzin a Grasso»
di Simone Canettieri
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Domenica 31 Dicembre 2017, 09:07 - Ultimo aggiornamento: 2 Gennaio, 09:03
Nicola Zingaretti, il suo ultimo atto da presidente è stato l'approvazione del bilancio della Regione Lazio in dodicesimi. Dopo l'abolizione in extremis del listino elettorale è un'altra mossa per togliere argomenti al M5S?
«Sono due fatti che confermano pratiche politiche nuove. Prima, l'ultimo bilancio era l'occasione per un marchettificio elettorale. Così, invece, deciderà chi vincerà».

Con il Pd dato al 20% per lei non sarà una passeggiata, anzi. Avrebbe preferito non votare agganciato alle politiche?
«Punto a vincere e basta, i cittadini premieranno il lavoro che abbiamo portato avanti in questi cinque anni».

Il Lazio è la regione più tartassata d'Italia, però.
«Abbiamo già cominciato ad abbassare le tasse, eliminando l'extra-ticket in sanità».

Le tasse rimangono altissime.
«Sono alte perché il Lazio ha una montagna di debiti del passato. Oggi il bilancio è in pareggio per la prima volta nella storia e soprattutto, sempre per la prima volta non c'è più il disavanzo in sanità. Avanzo un proposta al futuro governo».

Quale?
«Chiederò allo Stato di farsi carico di 300 milioni della rata del nostro debito di 1 miliardo 200 milioni di euro».
Così facendo saranno tutti gli italiani a pagare, però.
«Conviene a tutti far decollare la seconda regione italiana per Pil. Investirò questi 300 milioni in fiscalità. In questi cinque anni siamo riusciti a rientrare da un commissariamento durissimo per la sanità. Eravamo la cenerentola d'Italia, ora l'export e Pil crescono, siamo tornando locomotiva del Paese».
Dovranno confermarsi due condizioni: la sua rielezione e quella di un governo Pd.
«Faccio un appello a tutte le forze politiche: il Lazio è la regione della Capitale d'Italia. Non sarà un aiuto a scatola chiusa».

Nell'uscita dal commissariamento il governo Gentiloni le ha dato una mano. Tecnicamente il Lazio uscirà nel 2019, ma lei ci sta già facendo la campagna elettorale.
«No, il decreto dice entro il 31 dicembre 2018. E' come la Brexit: i processi sono già iniziati. Penso allo sblocco del turn over e all'assunzione dei precari nella sanità».

Dove non è riuscito in questi 5 anni?
«Nell'umanizzazione delle cure: per il secondo mandato punto a più personale negli ospedali e liste d'attesa ridotte».

Visto il ciclone Mondo di mezzo, se avesse avuto una giunta politica avrebbe finito il mandato?
«La mia è stata una giunta politica: ci siamo occupati di precari, lavoro, formazione, sanità, trasporti».
Parliamo dei partiti in giunta.
«Non ho ascoltato gli appetiti delle correnti. E farò altrettanto anche la prossima volta».

Matteo Orfini, il presidente del Pd, le rimprovera di non avere un profilo politico.
«La mia non è stata una giunta con il manuale Cencelli, ma fondata sul merito. Questa è stata la mia forza, grazie al sostegno del Pd, che valorizzerò anche in futuro. Ma patti chiari e amicizia lunga».

Lei è indagato per falsa testimonianza nel processo Mondo di Mezzo: se la Procura chiederà il suo rinvio a giudizio in questi due mesi si ritirerà?
«No. Le persone perbene non devono avere paura della giustizia, i fatti di cui si parla sono stati già oggetto di indagini».

L'inchiesta è una spada di Damocle sulla sua testa, che il M5S le sta facendo notare.
«I 5 Stelle fanno un uso della giustizia molto particolare, ad personam. Attaccano gli altri, ma quando riguarda loro diventano garantisti».

Si riferisce alla sindaca Raggi?
«No, a tutti».

Il Tavolo di Calenda è su un binario morto. Come giudica l'atteggiamento di Raggi?
«In Comune prevalgono troppo spesso sospetti e chiusure».

Roberta Lombardi dice che lei si vergogna di essere del Pd.
«Da parte della deputata M5S vedo solo l'ingiuria e l'insulto finora: chi attacca gli altri e basta non ha nulla da dire di positivo su se stesso».

Sergio Pirozzi, ha strumentalizzato il terremoto?
«No. Sergio è convinto di fare bene, ma non condivido le sue posizioni».

Auspica un candidato anche dei partiti del centrodestra?
«Non metto bocca».

Ci sarà l'accordo con Liberi e uguali di Grasso?
«Mi auguro di sì».

Ha in testa una nuova Unione: da sinistra fino alla Lorenzin?
«Sì, lavoro a una coalizione del fare, che guardi anche ai moderati».

La commissione sulle banche è stato un autogol per il Pd?
«Era giusto fare chiarezza, ma ho dubbi su una commissione a 70 giorni dal voto».

Boschi va ricandidata?
«Non è accusata di nulla, sarà il gruppo dirigente pd a decidere».

Suo fratello Luca alias Montalbano, cosa le dice?
«Di essere me stesso».
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