Nella giornata dello schiaffo a Roma Virginia sorride, niente parola al Coni

Nella giornata dello schiaffo a Roma Virginia sorride, niente parola al Coni
di Mario Ajello
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Venerdì 30 Settembre 2016, 08:20

ROMA Va in scena l'umiliazione. Quella di Roma costretta a piegarsi a un diktat partito da lontano e atterrato, tramite il voto anti-Olimpiadi, nella sala Giulio Cesare del Campidoglio. Proprio sotto gli occhi di marmo di un imperatore che come tutti i suoi colleghi, ma per certi sindaci evidentemente l'usanza non vale, non tollerava la sudditanza dell'Urbe. Si vota, si bocciano i Giochi, i grillini esultano e fanno la standing ovation alla Raggi, la quale applaude loro mentre loro applaudono lei, e sorride e risorride ed è tutto «bello, bellissimo». Ora si mette a ballare di gioia Virginia dance-dance, invece di soffrire, come staranno facendo i cittadini romani, l'umiliazione e la vergogna inflitta alla città con questo atto d'imperio deciso da un ufficio milanese (la Casaleggio Associati) e da una villa genovese - Casa Grillo - ed eseguito dagli ascari capitolini? Su una parete dell'aula, sono incise in una targa le parole di Giuseppe Mazzini che diceva che Roma non può essere «inerme di fronte alle baionette straniere». In questo caso le armi non c'entrano, ma i 29 eletti M5S credendo di vincere, e numericamente hanno prevalso, si sono invece arresi alla ragion di partito di cui la Capitale è diventata un terminale passivo e insieme complice.

LE CAROTE
Ora si alza un consigliere grillino e si ribella all'obbedienza pretesa? Qualcuno lo spera, qualcun altro tra i presenti è più realista: «Sono blindati». Per ora. Ma la partita del governo della città è ancora lunga e già s'è rivelata complicatissima per chi aveva promesso #cambiamotutto e al momento, dopo tre mesi di nulla, alla stasi totale aggiunge come unico atto compiuto l'eliminazione della chance olimpica. Alessandro Onorato, consigliere della Lista Marchini, si sgola: «Ma i milanesi sono fessi che si sono presi i soldi dell'Expo? O i fessi siamo noi che rifiutiamo i soldi dei Giochi?». I consiglieri 5 stelle, catechizzati, non fanno una piega. La capogruppo democrat Michela De Biase a sua volta dà battaglia. Ma niente. Roberto Giachetti, lo sfidante della Raggi al ballottaggio, è scoraggiato: «Mi sento molto triste, come la stragrande maggioranza dei romani. Vedo l'obbedienza a un ricatto, mentre fuori da quest'aula la città cade a pezzi». L'opposizione di destra, guidata da Fabrizio Ghera, agita le carote: «I grillini sono diventati coniglietti». Ossia non hanno il coraggio di decidere da soli. E il sindaco? Nel giorno dell'umiliazione, la Raggi per lo più non si fa vedere in aula, e nella decina di minuti in cui si affaccia nell'aula e siede sul suo scranno non funge da protagonista. A tenere il discorso, in un giorno così importante, non è Virginia ma il vice-sindaco Daniele Frongia. Il quale per lo più attacca il governo Renzi. Quando Frongia conclude il discorso, il pentastellato Enrico Stefàno, in qualità di presidente d'aula, chiede a Virginia: «Ora vuoi intervenire tu?». E lei, sbrigativa: «No». Di fatto nel luogo istituzionale per eccellenza ieri ha parlato solo il vice-sindaco, nella conferenza stampa in cui fu annunciato il no anti-olimpico parlò soprattutto lui e appena per qualche minuto lei («Lo dico io o lo dici tu?», fu il duetto del 22 settembre). Un sindaco che si nasconde è l'ultima novità sulla scena disastrata della Capitale.

CASA DI BAMBOLA
Vuoti, a parte una breve apparizione di Luca Bergamo, gli scranni destinati agli assessori. La mezza giunta è interamente assente. Ma emerge una speranza - si fa per dire - nell'aula, quando il sinistrese Fassina viene applaudito dai grillini e poi vota la loro mozione: «Non è che sarà lui l'assessore al Bilancio?». «Stamo freschi....», è lo scettico commento in sala. Dove tutti sanno che il Ragioniere generale si è dimesso, altra tegola sulla giunta, ma a domanda precisa i grillini Sturni, Stefàno e Ferrara rispondono in coro: «Di queste cose non parliamo». In quella che doveva essere la Casa di Vetro chiamata Campidoglio, e che sembra diventata la «Casa di bambola» del dramma di Ibsen, non si riesce a bloccare le battute che spopolano sui social e impazzano pure qui dentro. Esempio: «Il prossimo ragioniere generale sarà Fantozzi o Filini?». Intanto a Daniela Bianchedi, coordinatrice del comitato Roma 2024, viene impedito di parlare in aula («I discorsi degli esterni non sono ammessi», dichiara il presidente De Vito) nonostante lei ricopra un ruolo istituzionale. «Votano senza conoscere le cose, io sono qui per illustrarle», cerca di spiegare la Bianchedi. Ma il soviet grillino ha deciso: fuori!

La scena al momento del voto è questa. I grillini puntano il telefonino verso lo schermo dove stanno per comparire i risultati, per immortalare i numeri del loro trionfo, e la Raggi dal suo scranno mima il gesto del clic sulla macchina fotografica rivolta ai colleghi, per incitarli nella loro bella trovata. E non solo in questo particolare, ma anche in tutto il resto, si nota il segno di un downgrading della politica, tra spettacolino crepuscolare e Circo Barnum. Ma ora è finita, e la Raggi uscendo si ferma a salutare due amiche e supporter sedute in prima fila: «Virginia, sei stata bravissima». Bravissima a fare che cosa? Un po' la comparsa e un po' la scomparsa.