Comunali 2016, intervista a Francesco Storace: «Destra pronta a sostenere Marchini. E se la Meloni ama Roma, si ritiri»

Comunali 2016, intervista a Francesco Storace: «Destra pronta a sostenere Marchini. E se la Meloni ama Roma, si ritiri»
di Mario Ajello
4 Minuti di Lettura
Domenica 1 Maggio 2016, 10:11 - Ultimo aggiornamento: 3 Maggio, 09:01

ROMA - Oggi, la Destra di Francesco Storace sceglierà di appoggiare la candidatura civica di Alfio Marchini. E il quadro delle elezioni a Roma avrà un altro passaggio - dopo quello avviato da Berlusconi - verso la semplificazione.

Storace, perché appoggerete Marchini?
«Perché c'è la necessità di dare una svolta alla città. Per mesi, mi sono sgolato chiedendo le primarie. Poi, ho proposto agli altri tre candidati di trovare quella soluzione unitaria che i partiti non riuscivano a raggiungere. Ho anche implorato una semplificazione e soltanto Marchini ha dato un rispettoso cenno di disponibilità. Dopo di ciò, il silenzio. Con il rischio concreto, rimanendo in quattro in campo, di spalancare il ballottaggio a Giachetti e Raggi».

Il suicidio?
«Sarebbe significato il ritorno del Pd in Campidoglio o esporre la città al rischio dell'avventura grillina. Impersonificato da una novella Signor No di cui non c'è affatto bisogno».

Dunque, Marchini?
«Prima, ho fatto un'altra cosa. Ad Orvieto, alla riunione delle destre italiane, ho detto: visto che le primarie non le avete volute, facciamo finta che valgano i sondaggi. La Meloni è in testa, e dunque sosteniamola. Ma lei non volle. Mostrando un atteggiamento un po' alla Totò quando disse: signori si nasce e io lo nacqui. Non ho mai visto un candidato che rifiuta voti da chi proviene dalla sua stessa storia».

E adesso?
«Oggi proporrò ai candidati della lista Storace, che è sintesi tra la Destra e Azione Nazionale, di sostenere Marchini e credo di avere il consenso di chi si deve battere sul territorio».

Perché Marchini sì e Meloni no?
«Anzitutto perché Meloni ha rifiutato la presenza della nostra lista. Al punto che Gasparri e Matteoli, che di trattative si intendono, hanno reso noto che la candidatura della Meloni è avvenuta soltanto perché ero in campo io. Marchini, viceversa, ha espresso più volte la volontà di averci al suo fianco».

Ma non è bizzarro che uno con la sua storia si unisce a un pericoloso comunista, almeno così Meloni considera Marchini?
«Questo estremista sovversivo ha vinto le primarie della Lega. Ed era tra le sette opzioni proposte ai propri iscritti nel referendum interno di Fratelli d'Italia. Ma la cosa più clamorosa non è che la mia storia pulita si sposa con Marchini. Ma che la Meloni l'abbia rifiutata».

È vero che la Meloni starebbe per ritirarsi dalla gara?
«La vedo complicata, ma se lei ama Roma deve pensare al passo indietro».
Storace vuole essere la destra di un centrodestra più moderato, a livello nazionale?
«Voglio solo che Roma sia governata bene. Ma se Giachetti perde, è evidente che perde Renzi. Il problema sarà per quelli che governano con Renzi e sostengono Marchini. E comunque, la partita non è nazionale, sennò non staremmo insieme».

Roma da dove deve ricominciare?
«Da tre cose. Sblocco dei concorsi al Comune, in nome della meritocrazia contro le clientele. Nelle case popolari più italiani e meno stranieri. Tutelate quei commercianti ambulanti che vedranno ridursi a carta straccia, nel nome dell'Europa, 17.000 licenze».

Non è un paradosso che An si riunisca intorno a Marchini?
«An aveva sei milioni di voti. Il Msi tre. Fratelli d'Italia si ferma a uno. Un motivo ci sarà, dice una canzone. Ed è che quel partito esclude e non include».

Roma deve recuperare, tra l'altro, il suo prestigio internazionale?
«Marchini ha sufficienti relazioni internazionali e non si deve presentare all'estero sventolando la carica di sindaco. Al contrario di Ignazio Marino che, in due anni, è andato 42 volte negli Usa e senza nemmeno l'invito del Papa».

Ma non crede che anche per Marchini sarà durissima, nel caso vinca?
«Le cose da fare sono innumerevoli. Spero che riesca a realizzare un mio vecchio pallino: cinema e teatri in ogni quartiere della periferia. E poi, altra cosa essenziale. Roma riacquista una dimensione nazionale e sovranazionale, se conquista i poteri che oggi fanno capo alla Regione. Roma Regione è il futuro di Roma».

© RIPRODUZIONE RISERVATA