Roma, la relazione dei prefetti allontana l'ipotesi commissario

Marino e Gabrielli
di Silvia Barocci e Simone Canettieri
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Martedì 16 Giugno 2015, 08:51 - Ultimo aggiornamento: 09:40

La guardia di finanza sta eseguendo un sequestro di beni ritenuti riconducibili a Salvatore Buzzi, il 'ras' delle cooperative arrestato nell'inchiesta su mafia capitale. Il valore dei beni è di circa 16 milioni di euro. Il futuro della Capitale si gioca sull'interpretazione del Testo unico degli enti locali sullo “scioglimento dei consigli comunali conseguente a fenomeni di infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso”.

Le oltre ottocento pagine di relazione della commissione d'inchiesta, arrivata ieri sul tavolo del prefetto Franco Gabrielli, sono un atto d'accusa per la giunta Marino, ma sembrerebbero allontanare l'ipotesi che il Campidoglio venga sciolto, e quindi commissariato, per mafia.

Il lavoro dei tre commissari inviati dalla Prefettura sei mesi fa, all'indomani della bufera giudiziaria che ha travolto la Capitale, è finito. Il prefetto Marilisa Magno, il viceprefetto Enza Caporale e Massimiliano Bardani, dirigente del ministero del Mef hanno esaminato oltre cento appalti affidati senza gara alle coop di Buzzi e Carminati. Il faro è sui centri di spesa aggrediti dal malaffare: i dipartimenti dell'Ambiente e dei Servizi sociali. Ma nella maggior parte dei casi si tratta di commesse assegnate dalla giunta guidata da Alemanno.

IL 416 BIS

Dalle conclusioni della relazione emerge che il reato di associazione mafiosa non coinvolge né il sindaco Marino né la sua maggioranza. Ma ”solo” componenti della precedente giunta (oltre all'ex sindaco Alemanno, anche Luca Gramazio, ex consigliere Pdl, passato alla Regione). Sul registro degli indagati, o addirittura in carcere, sono finiti esponenti dell'attuale maggioranza, oltre al presidente del consiglio comunale, Mirko Coratti e all'ex assessore alla Casa, Daniele Ozzimo, dimissionari. A nessuno viene contestato il 416 bis, ma il coinvolgimento di funzionari e politici verrebbe stigmatizzato dalla Commissione.

GLI ISPETTORI DEL MEF

Agli atti c'è anche l'elenco di appalti assegnati grazie a un sistema di corruzione che coinvolge funzionari e dirigenti. Un quadro che, però, deve fare i conti con la legge. Lo scioglimento dei comuni per mafia è previsto solo per «concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori». Elementi che nella giunta Marino non sarebbero definiti con chiarezza sufficiente a motivare uno scioglimento che avrebbe pesantissime conseguenze politiche.

Eppure, per mettere le mani sull'emergenza abitativa, con Marino sindaco, Buzzi& Co. sarebbero riusciti ad aggirare i diktat del Mef. Gli ispettori del Ministero, in una relazione del gennaio 2014 agli atti dell'ultima ordinanza, segnalano che, grazie ai debiti fuori bilancio, le coop di Buzzi abbiano ottenuto, «in via diretta e in assenza di qualsivoglia procedura concorrenziale», l'assegnazione di importanti appalti nell'emergenza abitativa e nell'accoglienza di minori non accompagnati. «Hanno rotto il c..con 'sto Mef», diceva Buzzi intercettato.

Gabrielli avrà 45 giorni per proporre, o escludere, al Viminale lo scioglimento. La richiesta sarà formulata al tavolo per l'ordine e la sicurezza allargato al procuratore Giuseppe Pignatone. Non più tardi di una settimana fa, Gabrielli aveva spiegato: «Non è detto che segua le indicazioni che emergeranno dalla commissione». L'ultima parola spetterà al Consiglio dei ministri.