Caso Raggi, un titolo sessista fa il miracolo: tutti con Virginia

di Mario Ajello
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Sabato 11 Febbraio 2017, 08:19
ROMA Tutti in difesa di Virginia Raggi. Giusto. Perché è stata sbeffeggiata da Libero e dal quel titolo sessista stile vecchio film per adulti: «La patata bollente». Le reazioni indignate degli amici e degli avversari dei 5 Stelle sono assolutamente condivisibili. Il coro in difesa di una donna offesa è un segno di civiltà più che ovvio e più che naturale. E sarebbe stato vergognosamente grave se non si fosse verificato. Vengono attaccate le donne, e ora tocca alla Raggi così come capita continuamente ad altre colleghe di altri partiti, sul piano del genere e non su quello del loro operato politico e del giudizio che meritano i loro atti pubblici. E così si scivola e si sprofonda nella riproposizione del sessismo più vieto e deteriore, che sarebbe dovuto appartenere in esclusiva ad altri tempi e invece trova nella neo-politica un suo brutto lievito. Finendo per contagiare anche le donne contro le donne. Lo scontro di queste ore tra Asia Argento e Giorgia Meloni, quest'ultima vittima di ingiurie estetiche da parte della figlia del maestro dell'horror, rappresenta un segnale del clima in corso. E proprio la Raggi ha espresso solidarietà alla sua avversaria al tempo del ballottaggio, dicendo: «Basta valutare le donne dall'aspetto».
LA DERIVA DEL MACHO
Ci si illudeva di aver superato quel «Stai zitta e va' in cucina» (titolo di un ottimo libro di Filippo Maria Battaglia) in uso nel Palazzo all'epoca della Prima Repubblica ma ci risiamo. Anzi, è proprio mancata l'emancipazione dal maschilismo classico. Quello che ha spinto mesi fa l'ex ministro Maria Elena Boschi a chiedere: «Giudicatemi dalla riforme e non dalle forme». Mentre adesso la Raggi replica così a Libero: «Ha offeso donne e uomini. Ora chiedo il risarcimento». E tuttavia, nel coro pro-Raggi di queste ore, non si può non notare una dose di ipocrisia nei grillini. Che più di altri in questi anni - a dispetto della consapevolezza del ruolo della donna, della cultura della parità di genere e del rispetto di tutti: valori sempre più acquisiti nella nostra società - hanno contribuito al degrado in chiave sessista del discorso pubblico. E' il 2012 quando Grillo attacca la consigliera bolognese Federica Salsi, colpevole di essere andata in tivvù: è in preda «al punto G, quello che ti dà l'orgasmo nei talk show». Una volta Grillo ha postato un video contro la Boldrini. Accompagnandolo con una domanda: «Che succederebbe, se ti trovassi la Boldrini in macchina?». La presidente della Camera s'arrabbia dicendo che questa è «istigazione alla violenza sessuale», e Claudio Messora, capo comunicazione M5S, risponde: «Cara Laura, volevo tranquillizzarti. Anche se noi del blog fossimo tutti potenziali stupratori, tu non corri nessun rischio». E quella volta che il deputato pentastellato Massimo Felice De Rosa ha urlato alle colleghe del Pd: «Sta in Parlamento solo per meriti sessuali»? Per non dire del gran successo ottenuto, tra grillini e grillizzati, dalla vignetta di Riccardo Mannelli in cui veniva ritratta la Boschi in minigonna, e la dida: «Lo Stato delle cos(c)e».
L'offesa di Libero, insomma, s'inserisce in questo tipo di contesto. Che poi è simile a quello, altrettanto pessimo e su cui andrebbe fatta da parte dei media un po' di autocritica, dei tempi in cui le parlamentari di Berlusconi venivano sommerse di pettegolezzi solo per il fatto di essere donne. Ora la Raggi, incassando la dovuta solidarietà di tutti, potrebbe farne tesoro per trasmettere anche al suo partito i cromosomi del rispetto e della civiltà del linguaggio. Quanto agli altri, chi in questo caso è sceso sul terreno dell'insulto personale non si è reso conto dell'effetto boomerang prodotto e sintetizzabile nel tutti con Virginia. Gli attacchi di questo tipo, che in buona parte sono il motivo del successo grillino, si trasformano in un autogol quando a praticarli sono gli avversari. Ignari probabilmente che aveva ragione Tzvetan Todorov, l'intellettuale appena scomparso a Parigi: «La nostra sconfitta contro i barbari è quando i barbari diventiamo noi».
Mario Ajello
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