Di Maio, tolleranza zero: i nostri non capirebbero. E Grillo chiama gli avvocati

Di Maio, tolleranza zero: i nostri non capirebbero. E Grillo chiama gli avvocati
di Simone Canettieri
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Sabato 10 Novembre 2018, 08:37 - Ultimo aggiornamento: 11:48
Nelle chat più ambite nessuno parla, né commenta. «C'è un clima da pre-lutto», dice una fonte ministeriale del M5S. Beppe Grillo, ieri sera appena tornato dal viaggio a Dubai, prima di salire sul palco di Jesolo - questa sera sarà a Legnano - ha letto i siti e ha chiamato «i suoi ragazzi», un po' preoccupato: «Quindi hanno chiesto 10 mesi per Virginia?».

A dare la linea, quella dura, è Luigi Di Maio: «Per quanto riguarda il sindaco di Roma, io non conosco l'esito del processo ma il nostro codice di comportamento parla chiaro e lo conoscete». Ovvero: dimissioni. Altrimenti sarà espulsione. Ieri sera in molti, nel M5S che conta, citavano le parole sacre di Gianroberto Casaleggio: «Tutte le volte che si deroga a una regola, salta la regola».

L'ANSIA
E se il codice etico e lo statuto valgono per il doppio mandato che limita le ambizioni di tutto il governo pentastellato, devono essere rispettati anche per chi viene condannato in primo grado. Costi quel costi. «Sarebbe un problema enorme: la Lega inizierebbe a far subito campagna elettorale e anche il governo ballerebbe, ma non abbiamo altre possibilità», ragionavano ieri i fedelissimi del vicepremier del M5S.

Ci sarebbero, a dire il vero, per evitare il voto anticipato a marzo o, peggio ancora con le europee, due-tre scenari. In caso di condanna Raggi potrebbe dimettersi subito ma poi, una volta privata del simbolo, ritornare in sella visto che c'è tempo 20 giorni e provare a guidare una giunta no logo.

Ovvero: senza un partito di riferimento. Perché la maggioranza la seguirebbe fuori dal Movimento. «Non reggerebbe», mettono le mani avanti i parlamentari pentastellati. Gli stessi che reputano «pericolosa» l'ipotesi, sempre in caso di condanna, di farla passare da un voto supplementare di Rousseau (la piattaforma di democrazia partecipata) a cui spetterebbe l'ultima parola: può andare avanti Raggi anche se condannata? «Anche in questo caso ci sarebbe un precedente pericoloso: non si può fare».

E dunque in caso dipollice verso del tribunale, il Campidoglio sembra costretto ad andare a impattare contro il codice etico. In alternativa, alle dimissioni potrebbe essere valutata - ma siamo in un campo nemmeno calpestato da Di Maio - anche la possibilità di un'autosospensione della sindaca dalla sua carica, un po' come fece il sindaco di Milano Giuseppe Sala alla notizia della sua iscrizione nel registro degli indagati per la vicenda Expo. A prendere per un periodo le redini di Palazzo Senatorio sarebbe il vicesindaco Luca Bergamo (che proprio di recente, a In Mezz'ora, ha dichiarato che a suo avviso si dovrebbe andare avanti in ogni caso: «va garantita la continuità amministrativa»).

LO STOP
«La verità - ragionavano sempre ieri sera dal fronte governativo - è che l'unico modo che abbiamo per non perdere voti è quello di aggrapparci alla nostra identità: quindi no alla Tav e no ai sindaci condannati».
Di Maio spesso ripete nelle conversazioni private: «Per noi guidare le amministrazioni, visto quello che ereditiamo, è sempre un problema, alla lunga perdiamo consensi». Quindi, c'è anche chi sostiene che tutto sommato liberarsi del problema Roma non sia poi la fine del mondo.

La tensione semmai arriva da Salvini. E dalla sua Lega pronta al grande blitz. «Certo, ci ritroveremmo a fare una campagna elettorale a Roma con il nostro alleato che parla male di noi: non proprio il massimo».
Al momento, non ci sono soluzioni se non quella di «dimostrare che noi siamo diversi dagli altri partiti». Ecco, perché ieri sera tutti smentivano con forza l'ipotesi di un piano B. Ma facevano trapelare comunque un certo «ottimismo».

Al momento però le rare dichiarazioni parlano di distanza e rispetto delle regole «Non siamo come gli altri», ripete Di Maio. Atteso oggi, forse, dalla giornata più difficile da quando è capo politico del movimento.
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