Grillo: Raggi avanti ma noi vigileremo. E impone la tregua con il Direttorio

Grillo: Raggi avanti ma noi vigileremo. E impone la tregua con il Direttorio
di Claudio Marincola
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Giovedì 8 Settembre 2016, 07:50 - Ultimo aggiornamento: 15:04

L'abbraccio di Nettuno ricompatta per una sera il direttorio grillino. Le battute dal palco di Beppe Grillo fanno tornare il sorriso al popolo M5S ma non il buon umore, non disinnescano uno scontro interno che rimane durissimo. A prevalere è la linea delle scuse, riassunta dall'ex comico nella formula minimalista «abbiamo fatto una cazzatina». Per tutto il giorno l'arrivo del capo grillino viene ammesso e negato. Depistaggi, avvistamenti. Un fantasma, Grillo.

 

SUMMIT IN CAMPAGNA
La Raggi arriva in Campidoglio di primo mattino e dice che un incontro con il leader «è possibile». Intanto in Senato una decina di parlamentari pentastellati si riuniscono per esaminare la situazione. All'incontro non è presente Paola Taverna, la senatrice che ha inviato la mail a Di Maio per metterlo al corrente che l'assessore Muraro era indagata. Poi si scatena la caccia a Grillo. Finito il tempo delle dirette streaming, ecco le riunioni segretissime in aperta campagna laziale, stile G8 . Un incontro al quale ha preso parte anche il vice sindaco Frongia. Poi i big tutti insieme, Di Maio, Di Battista, Ruocco, Sibilia sul palco di Nettuno per il comizio della riscossa. E per ribadire il «no secco» alle Olimpiadi. Nessuno si cosparge il capo di cenere. Tutt'al più l'ammissione che «si può imparare dagli errori, perché chi è che non sbaglia?».

Per ammissione dello stesso Grillo «è stata una giornata difficile». Mentre Virginia Raggi intanto va avanti: «Vigileremo, nel caso ravvisassimo profili di illiceità agiremo di conseguenza, sconti non ne abbiamo mai fatti a nessuno e continueremo a non farli», promette, postando un video in cui appare dimagrita e provata. Lo ripeto - continua - vogliamo leggere le carte. Ci auguriamo e chiediamo che arrivino quanto prima - prosegue - E siate certi che nel caso ravvisassimo profili di illiceità, agiremmo di conseguenza. Sconti non ne abbiamo mai fatti a nessuno e continueremo a non farli. Lo dico chiaro a tutti: saranno i pm a decidere se c'è una ipotesi di reato o si va verso una richiesta di archiviazione. Non i partiti o qualche giornale. Intanto, l'assessore deve continuare ad impegnarsi per ripulire la città. E si metta fine alle polemiche. Non è passato giorno senza che ci sia un attacco, un'accusa. Io ho le spalle larghe e non ho paura. Voglio migliorare Roma. Sono stati giorni e notti di lavoro senza sosta».
 
PASSO INDIETRO
Rinuncia la Raggi dopo un lunghissimo braccio di ferro a Raffaele Marra, il vice capo di gabinetto diventato ormai un casus belli. Da ieri l'ex finanziere è stato demansionato. Era il suo braccio destro, l'uomo che nella scorsa consiliatura l'ha seguita nelle inchieste più importanti, quando lei da semplice consigliere era seduta all'opposizione. L'uomo che in questi primi 4 mesi controllava prima che lei le firmasse tutte le delibere nel timore che sotto il naso le finisse qualche polpetta avvelenata. La sindaca rinuncia anche a Salvatore Romeo, il capo della segreteria al quale aveva triplicato lo stipendio.

IL COMPROMESSO
La rinuncia ai suoi fedelissimi è il primo atto di sottomissione al direttorio nazionale. Non aveva ceduto quando a chiederglielo era stata Roberta Lombardi, ha ceduto ieri dopo averne parlato a telefono con Belle Grillo (che ha evitato incontri diretti con lei, a sottolineare il gelo). In compenso l'assessore al Bilancio De Domicinis rimane al suo posto e potrà finalmente accomodarsi sulla sedia occupata fino a qualche giorno fa da Marcello Minenna. Resta sospesa in una bolla l'assessore al Bilancio Paola Muraro. «Stiamo aspettando di leggere il fascicolo della procura», scrive sul blog di Beppe Grillo la Raggi. La parola d'ordine è restare uniti. Roma è più importante, un tonfo avrebbe ricadute nazionali. Ma d'ora in poi i margini di autonomia della Raggi saranno ridotti. Esce, soprattutto, depotenziato il candidato premier Luigi Di Maio costretto a fare ammenda dinanzi alla prova delle sue responsabilità. Perseverare sarebbe diabolico.

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