Gay Pride, la consigliera Pd: «Osceno». Scontro nel partito: «Si dimetta»

Gay Pride, la consigliera Pd: «Osceno». Scontro nel partito: «Si dimetta»
di Marco Pasqua
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Lunedì 15 Giugno 2015, 15:24 - Ultimo aggiornamento: 16 Giugno, 16:22
«Volgarità, mancanza di rispetto e oscenità». Daniela Tiburzi, presidente democrat della commissione delle elette, era stata netta, declinando l'invito a tutti i consiglieri del sindaco, Ignazio Marino, a sfilare al Gay Pride di sabato scorso, insieme alla giunta (in larga parte presente) e ai presidenti di municipio.



«Non ho nessuna intenzione di sfilare ad un evento che toglie dignità alla causa per i diritti gay», aveva tuonato la Tiburzi, 45 anni, vedova di Franco Dalia, consigliere Pd ex popolare con la Giunta Veltroni, si era già astenuta in Consiglio comunale durante il voto sul Registro delle Unioni Civili. Due giorni fa sul suo profilo Facebook aveva spiegato: «Come consigliera del Pd e cittadina romana non parteciperò dal Gay Pride: proprio perchè sono a

favore dei diritti civili e della pari dignità di chiunque, non posso condividere l'immagine delle persone omosessuali che, com'è troppo spesso accaduto, offrirà la manifestazione del Pride», ovvero «drag queen, paillettes, nudità, costumi sadomaso». Parole che non erano state apprezzate da Aurelio Mancuso, presidente di Equality e dirigente del Pd di Roma, che proprio dalla sfilata l'aveva sostanzialmente invitata a dimettersi: «Il Comune di Roma ha una posizione differente dalla sua per una manifestazione che era sui diritti civili. Da presidente delle Elette, Tiburzi evidentemente non si riconosce nei valori fondanti dei trattati internazionali e della Costituzione e farebbe bene, quindi, a trarne le conclusioni”.



E oggi è toccato a Imma Battaglia, consigliera di Sel, intervenire per chiederne le dimissioni: «Non è degna di presiedere la commissione delle elette, vada a rappresentare la Chiesa cattolica e a dire il rosario perché non può stare qua dentro. È indegna di rappresentare le donne con un sindaco che sta combattendo per i diritti civili e sabato era in prima fila al Pride insieme alla sua Giunta e io ero con la mia nipotina sulle spalle. Non può dire frasi come 'mancanza di rispetto e volgarità'. Chi pensa che il segno croce lo liberi dai peccati guardi prima all'interno del suo partito».



Parole dure, che però non scalfiscono la consigliera cattolica, che, anzi, tira diritto e scrive perfino al premier, Matteo Renzi: «Non credo di aver offeso nessuno. Non ho nessuna intenzione di dimettermi dalla presidenza della Commissione delle Elette, e nel caso deve chiedermelo il mio partito, motivandolo, che invece proprio in questi giorni mi ha chiesto la disponibilità per confermare la presidenza anche dopo il riordino delle commissioni capitoline. Ribadisco che alcune parti del corteo di sabato non danno dignità ed è per questo che non ho partecipato al Pride». E nella lettera inviata oggi a Renzi la Tiburzi si chiede «se ci sia ancora posto per i cattolici nel Pd. Nessuna crociata, per carità, né condanna o emarginazione per gli omosessuali. Per quel che mi riguarda, rivendico con forza il diritto-dovere dei laici di esprimere il proprio sostegno davanti a manifestazioni per il matrimonio e la famiglia. L'obiettivo è quello di realizzare una leale collaborazione nel profondo rispetto della laicità delle istituzioni. Quella sana laicità che sta a cuore ai cattolici, ma non può essere confusa con quel laicismo che vorrebbe fare della religione un fatto esclusivamente privato».
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