"Effetto Raggi" sul voto: a sinistra l'ex feudo M5S

"Effetto Raggi" sul voto: a sinistra l'ex feudo M5S
di Simone Canettieri
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Lunedì 25 Giugno 2018, 08:13 - Ultimo aggiornamento: 16:31

Dopo due settimane non proprio esaltanti - tra arresti e indagati per lo stadio della Roma - questa mattina Virginia Raggi prova a ripartire. Ma troverà un'altra porzione della Capitale governata da un colore diverso da quello del M5S. Il 10 giugno è stata la volta dell'VIII municipio (Garbatella), passato, o meglio ritornato, al centrosinistra subito, al primo turno. Ora tocca al III (Montesacro) cambiare maglietta. Giovanni Caudo (per il centrosinistra allargato modello Zingaretti) è il nuovo mini sindaco. Ha avuto la meglio su Francesco Maria Bova (Lega, in formazione classica del centrodestra) con il 56,7%. Una sfida passata quasi in sordina: affluenza al 21% con gli elettori del M5S rimasti a casa, senza aiutare la Lega, partner di contratto a Palazzo Chigi. «Siamo un modello civico, oltre il classico centrosinistra», ha commentato Caudo.



I COLORI
Cambia dunque la geografia politica della città: con quest'ultima elezione salgono a 700mila i romani non governati nei municipi (quattro finora) dal M5S.

In principio, nel 2016 quando si votò anche per le comunali, riuscirono a «resistere» all'onda pentastellata le zone centrali e più ricche di Roma. E cioè I e II (la città dentro le mura aureliane, i Parioli e San Lorenzo: simboli di una certa borghesia o con una storica connotazione a sinistra). Adesso si è arrivati a questa svolta: un romano su 4 sul territorio si affida ad altri partiti (700mila su 2,8 milioni).

Per Raggi non è il segnale migliore. Anzi, proprio i verdetti di due settimana fa - con il M5S fuori al primo turno - sono sembrati a tutti non solo una questione territoriale ma un vero e proprio messaggio di sfiducia nei confronti del Campidoglio per via delle risposte che ancora, dopo due anni, non riesce a fornire sui servizi essenziali (rifiuti, strade, trasporti).

All'indomani della batosta, Raggi ha provato a uscire dall'angolo: «Ora staremo di più in mezzo alla gente per non sottovalutare il segnale arrivato dalla urne». Ma nemmeno il tempo di un blitz a Tor Bella Monaca, periferia complicata della Capitale tra degrado e disservizi, che subito è scattata un'altra emergenza: quella dello stadio della Roma, con il progetto ora che rischia di finire su un binario morto. Senza considerare i contraccolpi politici per l'arresto del super consulente grillino Luca Lanzalone e l'indagine a carico del capogruppo Paolo Ferrara. Con la lunga scia di intercettazioni che imbarazza big della maggioranza, assessori e dirigenti.

Giorni davvero complicati in cui Raggi è andata due volte in Procura, come persona informata sui fatti, e ha assistito (a distanza) all'inizio del processo dove invece è imputata: quello per la nomina di Renato Marra, fratello dell'ex braccio destro Raffaele, arrestato per corruzione.

GLI ACCORDI
In questo scenario non roseo, il III municipio ha dato un altro dispiacere a Raggi. Un quadrante di città popoloso come Trieste (200mila persone) che dopo due anni passa di mano, nonostante fosse un'enclave di big pentastellati (da Roberta Lombardi al presidente del consiglio comunale Marcello De Vito). E dove soprattutto il M5S è rimasto a guardare. Da una prima analisi dei flussi elettorali, infatti, il travaso di voti nei confronti del partner di governo della Lega non c'è stato. Rispetto al primo turno Caudo, il candidato vincente di centrosinistra, ha preso mille voti in più mentre lo sfidante ha confermato le preferenze di due settimane fa. Segno che nell'elettorato grillino, forse un po' depresso per via delle ultime vicessitudini, ha vinto la voglia di rimanere a casa per una consultazione che già concettualmente non riesce mai a mobilitare le masse. Se Roma piange, Pomezia ride, però. Il grillino Adriano Zuccalà ha vinto con il 70% e la città dunque non cambia colore, nonostante la sfiducia al sindaco eretico Fabio Fucci. «Siete un bell'esempio», si è complimentato al telefono Luigi Di Maio.

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