Roma, shopping, a pranzo o in vacanza: così i dipendenti comunali aggirano il badge

Roma, shopping, a pranzo o in vacanza: così i dipendenti comunali aggirano il badge
di Lorenzo De Cicco
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Domenica 25 Novembre 2018, 10:06 - Ultimo aggiornamento: 10:09
Toccata e fuga. Non in Re minore, come l'opera di Bach, ma dalla scrivania. Se fosse una disciplina olimpica, in Campidoglio il medagliere sarebbe di tutto rispetto. Invece c'è poco di cui andar fieri, anzi. Come se non bastassero i record di assenze macinati anno dopo anno - oltre alle vacanze, in media, ciascun comunale resta a casa 27 giorni l'anno tra malattie, vere o presunte, e congedi vari - anche quando gli impiegati del Campidoglio timbrano il cartellino e dunque, formalmente, risultano in servizio, c'è chi ci marcia. Non tutti, ovviamente, ma il campionario è vario e non mancano, nell'orchestrare le furberie per sfuggire ai turni, guizzi di originalità. Espedienti in parte venuti fuori perché finalmente il Comune, in questi ultimi anni, ha rafforzato i controlli.

LA SPESA
Il grande classico è la spesa in orario d'ufficio, o magari un po' di shopping. Che ci sia il black friday oppure no, il travet in vena di compere non sembra badarci troppo. Un anno fa un'impiegata è stata beccata (da una collega perbene, che ha fatto partire la segnalazione) a strisciare il badge sul sensore dell'ufficio, per poi andare a far provviste al mercato più vicino. Non una, ma decine di volte.
Altro ever green: l'uscita con finalità, come dire, mangerecce. Insomma, star seduti al bar o al ristorante, mentre in ufficio si affastellano le pratiche da sbrigare. Questa è forse la fattispecie più diffusa, tra gli habitué dell'assenza tattica, e non solo in Campidoglio ma anche nelle partecipate. Quest'estate, per dire, tre addetti dell'Atac furono disturbati dagli ispettori aziendali durante uno spuntino al McDonald's. Ovviamente, controllando le timbrature del cartellino, risultavano in ufficio, tutti e tre. Sulla lena impiegatizia, a quanto pare, aveva avuto la meglio la fame.
E che dire dei 40 giardinieri comunali che anziché darci sotto con le cesoie in giro per la città, dove i rami degli alberi barcollanti continuano a schiantarsi a terra al primo acquazzone, passavano l'orario di servizio, almeno in parte, a fare tutt'altro? Per scoprirli è bastato un controllo della Municipale, proprio poche settimane fa, a fine ottobre.

Meriterebbero un capitolo a parte i congedi della legge 104, che in teoria permettono al lavoratore di assistere un parente invalido. C'è chi ha inventato le malattie dei famigliari pur di andare in vacanza. Ad aprile, in tre sono finiti sotto procedimento disciplinare.
La prima regola del club degli assenteisti, per dirla con Chuck Palahniuk, è negare, negare sempre. Se proprio non è possibile, in tanti giocano la carta del malore. Lo ha fatto per esempio pochi mesi fa una funzionaria del Segretariato generale, sorpresa al bar in orario d'ufficio. «Ho preso una camomilla, non mi sentivo bene». E un giudice del lavoro le ha pure dato ragione, tanto da averla reintegrata. Un altro «malanno» è capitato, l'anno scorso, a un dipendente del XII Municipio che non era al suo posto durante un controllo. Prima ha provato a dire che si trattava di un «servizio esterno». Poi, quando il superiore non gli ha retto il gioco, si è buttato pure lui sul mancamento. E ora potrà sperare di tornare in servizio come la collega. In fin dei conti, «l'importante è strisciare, a inizio e fine turno. Poi in mezzo, ci sono margini per organizzarsi», confida un travet dei più navigati. Certo, ammette, i tempi sono cambiati. «Un tempo c'era più libertà di movimento, oggi ci si sente marcati stretti». Ma un margine di agibilità, per farsi gli affari propri, evidentemente resiste.
 
 
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