Cranio Randagio, la morte tra «omertà, indagini ostacolate e pusher coperto»: le motivazioni della sentenza di condanna dei due “amici” del rapper

Il rapper morì nel novembre 2016 per insufficienza cardiorespiratoria acuta secondaria ad intossicazione letale determinata da una combinazione di sostanze psicotrope"

Cranio Randagio, la morte tra «slealtà, contesto alterato e pusher coperto»: le motivazioni della sentenza di condanna dei due amici del rapper
di Michele Galvani
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Venerdì 7 Ottobre 2022, 10:49 - Ultimo aggiornamento: 12:51

La morte di Cranio Randagio, ecco le motivazioni della sentenza che hanno portato alla condanna di due dei presenti alla festa alla Balduina del 12 novembre 2016, quando il rapper morì a Roma per «insufficienza cardiorespiratoria acuta secondaria ad intossicazione letale determinata da una combinazione di sostanze psicotrope composta di ossicodone, MDMA e cocaina (inalata come crack)». La paura di essere arrestati, le droghe, le telefonate, gli spacciatori. L'uscita per procacciare sostanza stupefacente da consumare durante «la seconda parte della serata». Poi il dramma e la morte di Vittorio Andrei, in arte Cranio Randagio.

Dunque, il giudice Sabrina Lorenzo (udienza del 7 luglio 2022) ha stabilito che Piefrancesco Bonolis e Jaime Garcia De Vincentiis sono colpevoli. Sono stati quindi condannati a due anni e sei mesi, soprattutto per la «reticenza alla identificazione dei fornitori» delle droghe portate quella sera. Dunque, hanno concretamente «ostacolato le indagini».

Fondamentale questo passaggio: «L’invito alla festa avviene tramite un gruppo Facebook creato appositamente dal Bonolis per I’evento, gruppo nel quale, alle ore 12:21 delI’8 novembre, da un contatto salvato come “Francesco Undíci”’ — poi associato alI’utenza telefonica di Francesco Manente - perviene un sms: "Io porto il crack”. a cui non segue alcun messaggio di risposta, e dal quale scaturisce il coinvolgimento del predetto nel presente procedimento».

 

Scrive il giudice il perché della «penale responsabilità del Bonolis e del Garcia» per le ragioni che seguono. «La condotta del Bonolis, infatti, ha provocato una “negativa alterazione del contesto fattuale all'interno del quale si svolgevano le ricerche" posto che Bonolis nega, in prima battuta, la presenza di droga pesante alla festa sostenendo di aver consumato della marijuana e di non aver visto nessuno fare uso di metanfetamina; successivamente, il 06.02.2017, nel corso delI’interrogatorio dinanzi al P.M., dott.ssa Guglielmi, cambia versione e ammette di aver consumato anche lui le metanfetamine. Nega, quindi, la presenza di droga alla festa, salvo poi ritrattare e dichiarare che questa fosse stata portata solo da Vittorio. Tali dichiarazioni risultano smentite dalla complessa istruttoria dibattimentale in cui, con non poca difficoltà, è emerso un contesto condito da alcool e droga leggera durante la prima parte della serata e dal consumo di droghe pesanti durante il secondo tempo della serata. Tanto Io si ricava con molta difficoltà dalle dichiarazioni di Deboli Mario, il quale individua come “zone di consumo" il salotto e la cucina ed afferma “c’era una parte di casa, il salotto, in cui se fumava ed un’altra parte di casa, in cucina, dove si consumava roba più pesanfe”; o ancora dalla testimonianza di Salzano il quale dichiara che l’ambiente non è un ambiente unico ma il consumo si svolgeva in salotto e nella stanzetta di Bonolis.(pag. 7-8 Trascrizione udienza del 16.03.2022) Ulteriore elemento che colora la condotta reticente del Bonolis lo si ricava anche dai tabulati telefonici dai quali emerge che alle 22:45 dai cellulari di Bonolis e Garcia vengono effettuati due tentativi di chiamata verso l’utenza intestata a Casari Daniel Alessandro, noto agli uffici per motivi legati agli stupefacenti. Quindi, se è vero - come testimoniato dalle celle telefoniche- che il Bonolis per tutta la notte non Iascia la casa nella quale si sta svolgendo la festa, è pur vero che Io stesso fosse a conoscenza non solo di quanto avveniva all’interno di casa sua e del consumo di sostanza stupefacente da parte di tutti ( “quella cosa de merda ce la senno presa tolti però") ma anche che i motivi che hanno spinto Garcia e Vittorio ad uscire non sono stati, di certo, per il semplice acquisto di birre o di tabacco ma per l’acquisto di ulteriore sostanza stupefacente.

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LA CONDOTTA Ed ancora, «la condotta tenuta dal Bonolis, oltre ad aver alterato il contesto fattuale ha assunto i caratteri della reticenza. Bonolis sa ma non parla con gli agenti incaricati di seguire le indagini; al contrario, poche ore dopo l’assunzione della sua testimonianza, ricorda tutti i dettagli con gli amici dell’Andrei e, al famoso incontro di Piazza Strozzi, ricorda della presenza della droga alla festa: “ha mischiato cocaina e ketamina” (pag.6 trascrizione incontro); “Ah regà quella cosa de merda ce la senno presa tutti però“; ricorda che \a ketamina “é andata a prenderla con Jaime” a casa sua (pag. 7) ma la cocaina no “la cocaina é de zona regà”‘, e la sua confidenza si spinge oltre, non solo ammette la presenza di un fornitore dal quale Vittorio e Jaime si sono recati — insieme- ma incalzato dagli amici dell’Andrei “si può risalire a chi .. [ha spacciato]? Risponde “A chi é? Eh certo!”. Dal tenore del discorso è evidente che il Bonolis sa. Anche il dolo generico richiesto per la sussistenza dell’elemento soggettivo risulta ampiamente presente nel caso che ci occupa posto che la condotta tenuta dal Bonolis manifesta la consapevolezza dello stesso di fuorviare, con le proprie dichiarazioni, contraddittorie e con la propria reticenza le investigazioni dirette a ricostruire i contatti finalizzati all'acquisto di stupefacente e alla identificazione dei fornitori. Infatti, per quanto concerne, l’elemento soggettivo, necessario ai fini della sussistenza del delitto di favoreggiamento personale, è orientamento pacificamente condiviso dalla giurisprudenza di legittimità quello secondo cui é sufficiente il dolo generico, che consiste nella consapevole determinazione dell’agente di fuorviare, con la propria condotta, le investigazioni dirette all'acquisizione della prova di un delitto o le ricerche poste in essere dalla competente autorità nei confronti del soggetto latitante, a prescindere dalle finalità ulteriori perseguite dall’agente (v., ex multis, Cass. penale sez. V, 11/10/2019, n. 50206, con la quale, in applicazione di tale principio, la Corte ha annullato con rinvio la decisione del tribunale del riesame che aveva escluso il dolo di favoreggiamento personale, in considerazione deIl’ipotetica finalità delI'indagato di ingraziarsi il mafioso, cui aveva rivelato il contenuto di alcune conversazioni intercettate, in modo da ottenere da lui informazioni relative al contesto mafioso di appartenenza, da riferire ad un ufficiale di polizia giudiziaria dal quale sperava di essere aiutato in funzione della revisione di un processo che lo aveva riguardato). In altri termini, ai fini della sussistenza del delitto di cui all’art. 378 c.p., occorre /a precisa volontà dell’agente di fornire al ricercato queIl’aiuto, che l’attività posta in essere é idonea a produrre, integrando la/e aiuto la lesione del bene giuridico protetto che nel favoreggiamento personale è rappresentato daII’interesse dell’amministrazione della giustizia al regolare svolgimento delle investiqazioni e delle ricerche finalizzate ad un procedimento penale (cfr.

Cass. penale, sez. VI, 25/06/2010, n. 25978)».

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LO SPACCIATORE In relazione alla condotta tenuta «dal Garcia, anche questa, risulta integrare gli elementi oggettivi e soggettivi del delitto di cui all’art. 378 c.p. Sentito più volte nel corso delle indagini, infatti, ha alterato il contesto fattuale negando la circostanza che vi fosse stata cessione e assunzione di droghe pesanti alla festa, ha negato di aver partecipato all’incontro di Andrei con lo spacciatore e ha assunto un atteggiamento reticente che ha ostacolato il reale accertamento dei fatti. In particolare, il Garcia in prima battuta nega la presenza alla festa di droga pesante, poi ritratta la sua precedente versione e dichiara di aver visto girare alla festa della metanfetamina portata da Vittorio ma aggiunge di non aver visto consumare altre droghe. Il suo tentativo di ostacolare le indagini emerge anche dal racconto fatto dallo stesso relativamente alle due uscite che Io hanno visto protagonista con l’Andrei. lnfatti, racconta di aver prestato intorno alle 23:30 il cellulare aII’Andrei per fare una telefonata in quanto il telefono deII’Andrei era scarico. Tale circostanza risulta smentita da molteplici circostanze: in primo luogo dai tabulati telefonici e dalla localizzazione del cellulare di Andrei Vittorio che non sarebbe stata possibìle qualora il cellulare fosse stato spento; in seconda battuta dalle dichiarazioni rese dal coimputato Bonolis all’udienza del 18.05.2022 il quale alla domanda: “le risulta che il telefono di Vittorio fosse funzionante per tutta la notte (visto che i messaggi su whatsapp risultavano con due spunte]” risponde: “Presumo di sì, dato che quando ci siamo svegliato comunque il telefono era attivo”. Ed ancora, tale circostanza risulta altresi dimostrata dalI’escussione della fidanzata di Vittorio, Teodora Radoi, la quale dichiara di aver ricevuto una chiamata dal cellulare di Vittorio. Tanto risulta anche provato dai tabulati telefonici che rilevano una chiamata e dei messaggi in uscita dal cellulare di Vittorio aIl’indirizzo della Radoi, quando il predetto non era piú in vita. Peraltro tate chiamata a cui il Garcia fa riferimento, é indirizzata aII’utenza intestata a Capponi Roberta ma in uso al Capi Antonello, come già detto. Sul punto, l’imputato ha provato a giustificare il contatto con il Capi asserendo di voler recuperare dallo stesso una pen drive contenente delle basi musicali da far ascoltare a Vittorio. Si e avuto modo di dimostrare già che tale circostanza risulta inverosimile per molteplici ragioni: il Capi, sentito in dibattimento, non solo non fa alcun accenno alta pen drive ma per di píú dichiara che il suo genere di musica ê completamente diverso da quello delI’Andrei; ed ancora, non puó accogliersi la tesi difensiva secondo la quale non ci siano stati contatti telefonici con il Capi in quanto dai tabulati telefonici emerge una chiamata in uscita della durata di 26 secondi dai cellulare di Garcia aII’utenza in uso al Capi ;né puô accogliersi la tesi secondo la quale il contatto con il Capi si sia limitato al messaggio “Ahô, do stai, ti posso raggiungere al volo?” e non vi sia stato alcun appuntamento tra i due. Ê lo stesso Capi, infatti, ad affermare: “No la notte se uno c’ha un punto di ritrovo comunque questi so quattro i posti, cinque i posti, cioé se vai a prende una birra ce stanno...c’ê sempre a girâ insomma”. Effettivamente tale affermazione sembra confermare il motivo per il quale il Garcia scrive quel messaggio confidenziale sapendo giâ dove poterlo raggiungere. Le dichiarazioni del Garcia risultano, infatti, contraddittorie anche quando é stato ascoltato in sede di s.i.t. rese dinanzi alla Squadra Mobile di Roma il 12 aprile 2018, allorquando alla domanda se conoscesse le persone presenti nella sala d’aspetto - tra cui il Capi- si limitava a dire “Conosco Píer e l’altro ragazzo di cui non conosco il nome. Quest’ultimo lo conosco di vista poichê ê un produttore di musica ed io ne sono un appassionato. Lo conosco da quattro anni perchê l’ho visto in piü occasioni in zona Prati e Balduina” . Dichiarazioni che, come hanno fatto notare gli operanti in sede di sit, sono stridenti non solo con la circostanza che il Garcia avesse memorizzato il numero del telefono cellulare in uso al Capi sul proprio apparecchio, con il nome Antonello, ma anche con quanto riferito dallo stesso in sede dibattimentale quando il Garcia racconta che c’era questo ragazzo (il Capi) che stava tentando di trovare qualcuno cui dare queste basi rap. (v. v. udienza del 12.05.2022, pag. 63), circostanza, questa, che attesta il rapporto confidenziale tra i due ragazzi. In relazione all’alterazione del contesto fattuale relativo al diniego della presenza di droga alla festa e dell’assunzione di droga pesante- pur valendo quanto già detto per il Bonolis- giova aggiungere che dalla registrazione dell’incontro tenutosi a Piazza Strozzi è Io stesso coimputato ad affermare: “ Si steccavano le cose co Aime {...] a regà il problema non é la differenza, perché non c’é differenza tra lui e Aime... per quanto sia.. a ragà... cioè... se so presi la medesima cosa.. la s/essa identica”.

Ed ancora, «risulta decisivo il passaggio della registrazione in cui l’interlocutore dice al Bonolis: “noi sto Aime almeno per quanto mi riguarda deve di da chi l’ha presa (/a droga]” e il Bonolis risponde: “si a regà, su questo non vi preoccupate..” Ciò posto, anche il dolo generico richiesto dalla norma per la configurabilità dell’elemento soggettivo risulta sussistente nel caso di specie in quanto l’atteggiamento del Garcia tenuto durante la fase delle indagini e durante fa fase dibattimentale ha manifestato in maniera chiara la volontà di eludere le investigazioni e non consentire l’accertamento dei fatti soprattutto con riguardo all’identità del fórnitore cui lo stesso e l’Andrei si sono rivolti. Si deve osservare come non può in alcun modo ritenersi condivisibile l’argomento dedotto dalla difesa degli imputati, relativo alI’inutiIizzabilità delle dichiarazioni rese dagli stessi a sommarie informazioni, sulla base della circostanza per cui i predetti avrebbero dovuto essere ascoltati, fìn dall’inizio, in presenza dei difensori ex art. 151 c.p.p. Invero, dato incontestabile è che quando sono stati sentiti a sommarie informazioni, gli odierni imputati non erano iscritti nel registro degli indagati, non essendogli mai stata contestata, neppure in modo indiretto, l’ipotesi di concorso nella detenzione e cessione di sostanze stupefacenti e non essendoci mai stato il pericolo che gli stessi rendessero dichiarazioni auto-indizianti, le quali avrebbero giustificato l’interruzione dell'esame ai sensi dell’art. 63 c.p.p. e la conseguente inutilizzabilità delle Sit. Ne discende la piena utilizzabilità delle dichiarazioni rese dagli odierni imputati in sede di interrogatorio, ciò in conformità con il principio espresso dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, secondo il quale le dichiarazioni spontanee rese dall’indagato alla polizia giudiziaria, disciplinate dall’art. 350, comma 7, c.p.p., sono pienamente utilizzabili [nella fase delle indagini preliminari] (cfr. Cass. penale sez. un., 25/09/2008, n.1150). lnoltre, nel caso di specie non sussistono i presupposti per l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 384 c.p. invocata dalla difesa degli imputati. Ciò in conformità con il principio, condiviso anche dalla Suprema Corte di Cassazione, secondo cui in tema di reati contro l’amministrazione della giustizia, l’esimente prevista dall’art. 384, comma porno, cod. pen. non può essere invocata sulla base del mero timore, anche solo presunto o ipotetico, di un danno alla libertà o all’onore, implicando essa non solo un rapporto di derivazione del fatto commesso dalla esigenza di tutela di detti beni, ma, soprattutto, che detto rapporto sia rilevabile sulla base di un criterio di immediata ed inderogabile consequenzialità e non di semplice supposizione, per cui il pericolo deve essere collegato a circostanze obiettive ed attuali e risultare evitabile soltanto con la commissione di uno del reati in relazione ai quali l’esimente opera, a nulla rilevando la mera eventualità di un danno all’immagine (cfr. Cass. pen., Sez. Il, 14/01/2020 n. 7264). A questo proposito, il generico timore di rimanere coinvolto nella vicenda criminosa non può valere a rendere configurabile, in favore dell’autore di una condotta oggettivamente idonea a favorire la persona cui detta vicenda sia attribuibile, la causa di non punibilità prevista dall’art. 384 comma 1 c.p. (così Cassazione penale sez. V, 15/12/2003, n.31523, principio affermato, nella specie, con riguardo a condotta posta in essere da soggetto che, avendo assistito alI'esplosione dì un colpo di pistola che aveva accidentalmente raggiunto e ucciso un ignaro passante, non solo aveva, nell’immediatezza, contribuito aII’occuItamento dell'arma anzidetta, ma aveva poi anche negato la presenza propria e dell’autore del fatto nel tempo e nel luogo in cui il fatto medesimo era stato commesso). In applicazione dei principi di diritto affermati dalla Suprema Corte appena richiamati al caso di specie, deve concludersi che l’invocata causa di non punibilità non trova cittadinanza per entrambi glì imputati, ricordando che il Bonolis ha affermato: “Avevo paura di essere arrestato. Sapevo di aver assunto sostanze e questa cosa la omisi perché avevo paura di dirìo” e il Garcia ha dichiarato: “Avevo paura per la mia incolumità, per la mia libertà, per tutto quello che poteva succedere dopo". Tra I’altro, la causa di non punibilità di cui alI’art. 384 c.p. é applicabile solo nel caso in cui sia configurabile un grave e inevitabile nocumento nella libertâ o nelI'onore per il soggetto chiamato a deporre o per un prossimo congiunto, circostanza questa del tutto differente da quella che si ê verificata nel caso che ci occupa, dai momento che l'eventuale danno alta libertà o aII'onore avrebbe riguardato soltanto il cedente o I’acquirente delle sostanze stupefacenti - cui si sarebbero potute applicare le sanzioni amministrative previste dagli artt. 73 e 75 D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 - e non gli amici o conoscenti di quest’uItimo (v. Cassazione penale sez. Vl, 19/11/2003, n.2509). In altri termini, nel caso di specie, gli imputati Bonolis e Garcia sono stati chiamati a fornire informazioni sulla provenienza delle sostanze stupefacenti acquistate e assunte, la notte tra l'11 e il 12 novembre, da Vittorio Andrei e non da foro stessi, informazioni, queste, che per tale motivo non sarebbero mai state idonee a generare un nocumento alla libertà e alI'onore dei predetti, sentiti correttamente in sede di interrogatorio come persone informate sui fatti. Ed in ogni caso, anche a voler considerare un eventuale nocumento per gli imputati, nessun danno alla libertà o alI’onore sarebbe potuto derivare dall’eventuale conoscenza della dipendenza dalla droga del Garcia e del Bonolis in quanto circostanza giâ conosciuta. Tanto é emerso in sede di istruttoria dibattimentale ed in particolare dalle dichiarazioni di Salzano Raul Edoardo il quale afferma: “é un dato di fatto che Bonolis e Jaime facessero uso di droghe" (pag. 25 Ud. 16.03.2022).

8) TRACTA MENTO SANZIONA TORIO Passando alta determinazione del trattamento sanzionatorio, «non può non tratteggiarsi la profonda slealtà di entrambi gli imputati che si è manifestata non solo neII’immediatezza del drammatico evento laddove si sono adoperati per omettere, nel corso delle dichiarazioni rese agli operanti di p.g., snodi fondamentali nella descrizione dei fatti, ma anche successivamente allorquando, essendo venuti a conoscenza del contenuto delle indagini e dunque delle intercettazioni delle celle telefoniche e dei vari sms, hanno per così dire fatto retromarcia su alcune circostanze emerse pacificamente. Hanno, dunque, ribadito la propria estraneità ai fatti la cui ricostruzione è avvenuta, purtroppo, inaudita altera parte essendo il Vittorio deceduto e, dunque, in assenza della sua versione dei fatti, cercando di avvalersi di un piano di sviamento conoscitivo che è stato diretto sicuramente a depistare le indagini e a nascondere la verità agli stretti interessati e all’autorità giudiziaria. Considerata la contiguità temporale e il contesto finalistico unitario delle azioni delittuose - deve ritenersi la sussistenza ex art. 81 c.p.v. c.p., di un medesimo edn evidente disegno criminoso in ordine alla singole fattispecie contestate agli imputati Bonolis e Garcia. Non possono riconoscersi agli imputati le attenuanti generiche. Orbene, al di là dell’ incensuratezza formale di entrambi gli imputati, il dibattimento non ha evidenziato nessun elemento di prova da valorizzare per la concessione delle attenuanti di cui all’art. 62 òis c.p. Anzi, occorre qui evidenziare come il comportamento processuale tenuto dai predetti - connotato da un atteggiamento reticente, poco collaborativo, confuso nella ricostruzione dei fatti, in linea con quello tenuto in fase di interrogatorio e predibattimentale, avendo le dichiarazioni contraddittorie e inverosimili fornite dagli imputati sin da subito reso a dir poco difficoltosa la comprensione della vicenda - ha costituito un elemento negativo in ordine alla personalità degli stessi, di per sé ostativo al riconoscimento delle attenuanti generiche nel caso di specie. Infatti, secondo l’orientamento condiviso dalla Suprema Corte di Cassazione, se é vero che Ifmputato ha diritto a tacere o anche di mentire, è anche vero che il suo comportamento processua/e può essere valutato dal. giudice, che può trarre da esso il convincimento di una personalità negativa, tanto più se l’imputato ha mostrato un elevato grado di insensibilità verso i familiari della vittima, fornendo dichiarazioni non veritiere sul suo conto e sul suo movente. (Cass. pen., sez. I, sentenza n. 3819 del 31 marzo 1994, fattispecie in tema di ritenuta legittimità del diniego di attenuanti generiche all’imputato che mente). Peraltro, ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, il pieno esercizio del diritto di difesa, se facolta l’imputato al silenzio e persino alla menzogna, non Io autorizza, per ciò solo, a tenere comportamenti processualmente obliqui e fuorvianti, in violazione del fondamentale principio di lealtà processuale che deve comunque improntare la condotta di tutti i soggetti del procedimento, e la cui violazione è indubbiamente valutabile da parte del giudice di metto (cfr., ex multis. Cass. penale sez. un., 24/05/2012, n.36258, con riferimento ad una fattispecie nella quale il diniego delle predette circostanze attenuanti era stato motivato evidenziando il censurabile comportamento processuale dell'imputato, improntato a reticenza ed ambiguità). In altri termini, seppure l’esercizio del diritto di difesa rende, per scelta del legislatore, non penalmente perseguibili le dichiarazioni false rese a propria difesa dall’imputato, ciò non equivale a rendere quel tipo di dichiarazioni irrilevanti per la valutazione giudiziale del comportamento tenuto durante Io svolgimento del processo, agli effetti e nei limiti di cui all’art. 133 cod. pen. (v. Cass. penale sez. IV, 04/04/2018, n.20115, ove, in applicazione di tale principio la S.C. ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva negato le attenuanti generiche in un caso in cui, in sede di convalida dell’arresto in flagranza per detenzione di stupefacenti a fini di spaccio, l’imputato aveva negato la propria responsabilità, nonostante il diretto monitoraggio, da parte della polizia giudiziaria, della cessione di parte della sostanza e il rinvenimento della residua parte occultata all'interno del giubbotto). Ebbene, ció posto, il dato della giovane età degli imputati scolora completamente a fronte delle circostanze negative appena evidenziate che sono di gran lunga prevalenti rispetto al dato della giovane età degli imputati, precludendo la concessione delle attenuanti generiche. In ultimo, come più volte affermato dalla Suprema Corte di Cassazione, aì fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche basta che il giudice del merito prenda in esame quello, tra gli elementi indicati nell'art. 133 c.p., che ritiene prevalente ed atto a consigliare o meno la concessione del beneficio, per cui anche un solo elemento che attiene alla personalità del colpevole o all’entità del reato o alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente per negare o concedere le attenuanti s/esse (cfr., ex multis, Cass. penale sez. Il, 27/02/1997, n.2889).

LE SANZIONI - Venendo alla determinazione del conseguente «trattamento sanzionatorio, valutati tutti i criteri di cui alI’art. 133 c.p. (in particolare, quanto at profilo oggettivo, le modalitâ e circostanze dei fatti ed il ruolo assunto in essi dagli imputati; quanto al profilo soggettivo, la negativa personalità di entrambi gli imputati, come desumibile dalle rispettive condotte tenute), si reputa equa, per entrambi, la pena di anni due e mesi sei di reGIusione, così determinata: pena base di anni due di recluśione, aumentata per la continuazione in anni due e mesì sei di reclusione ciascuno. Segue per legge la condanna di entrambi gli imputati al pagamento delle spese processuali. Quanto al risarcimento dei danni si ritiene di non potere in questa sede addivenire ad una liquidazione esaustiva, pur essendo stati esplicitati alcuni aspetti di danno che consentono di liquidare una provvisionale nella misura che si indica di seguito. Gli imputati devono inoltre essere condannati al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva che si liquida in euro 5.000, da parte di ciascun imputato, in favore di Carlotta Mattiello e in euro 3.000, da parte di ciascun imputato, in favore di Sergio Andrei. AI riconoscimento della penale responsabilitâ consegue, altresl, la condanna degli imputati Bonolis e Garcia at risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili da liquidarsi in separata sede dinanzi al giudice civile, nonché al pagamento delle spese di costituzione e difesa delle parti civili in favore di queste ultime che si liquidano, come da dispositivo. Infine, alla luce della ricostruzione dei fatti sopra esposta, devono trasmettersi gli atti at P.M. affinchè, alla luce deII’istruttoria dibattimentale svolta e all’esito deII’esame dei tabulati telefonici, voglia valutare l’opportunità di ulteriori approfondimenti investigativi in ordine alla persona contattata la sera deII’11 novembre 2016 per l’acquisto di stupefacente». Francesco Manente è stato poi assolto.

LE DIFESE - Carlotta Mattiello Sergio Andrei, rispettivamente madre e fratello del Vittorio Andrei, sono difesi dall'avvocato Marco Macchia, del foro di Roma. «Il Tribunale dimostra di aver scrupolosamente valutato tutti gli elementi raccolti nel corso del dibattimento, sia per giungere all'assoluzione di Manente sia alla condanna di Bonolis e Garcia», il commento dell'avvocato Macchia (nella foto durante il processo). Piefrancesco Bonolis e Jaime Garcia De Vincentiis sono difesi dall'avvocato Giovanni Maria Giaquinto, del foro di Roma.

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