Nicola Zingaretti: «Il Pnrr è la grande occasione, il Centro Italia locomotiva di tutto il Paese»

Il governatore del Lazio: «Mai un flusso di fondi così ingente, occasione storica»

Zingaretti: «Il Pnrr è la grande occasione, il Centro Italia locomotiva di tutto il Paese»
di Mauro Evangelisti
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Venerdì 31 Dicembre 2021, 01:21 - Ultimo aggiornamento: 15:09

Un’occasione storica. «Roma e il Lazio possono diventare la locomotiva della ripresa del Paese. Non possiamo sbagliare». Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio, ricorda che nei prossimi anni «con le risorse del Pnrr, in aggiunta a quelle della nuova programmazione europea e nazionale, partirà una stagione di investimenti mai visti in precedenza: 10,6 miliardi di euro». E la macro area del centro Italia sarà da traino per il Paese.


Presidente, Roma e il Lazio sapranno cogliere l’occasione offerta dal Pnrr?
«C’è la felice coincidenza di alcune condizioni. La prima è storica: 2025 Giubileo, 2030 Expo, 2033 Bimillenario della morte di Cristo. E ci sarà un flusso di risorse che mai questo territorio ha conosciuto. Solo dalla programmazione europea, 2021-2027, 4,4 miliardi di euro. Per quanto riguarda il Pnrr parliamo di 1,2 miliardi, tra questi 698 milioni per la nuova sanità digitale ma anche di prossimità (case comuni, ospedali e centrali operative), 240 per l’edilizia popolare, 261 per i trasporti. Si aggiungono le risorse del Pnrr a livello nazionale con forti ricadute sul Lazio, come i 160milioni per il porto di Civitavecchia. In più ci sono i fondi per la Capitale legati al Giubileo».
Il timore però che la macchina pubblica non sappia sfruttare questa occasione è forte.
«Tutto dipenderà dalla qualità del governo. Io sono ottimista, siamo riemersi dall’abisso. Forse lo dimentichiamo, ma nel 2013 c’era il rischio di non pagare gli stipendi. Servono anche atti forti: mi ha colpito il silenzio con cui non si è commentato il protocollo che come unica Regione abbiamo siglato con la Dia e la Procura nazionale antimafia: forniremo ad entrambe tutti gli appalti, le concessioni e i finanziamenti del Pnrr e della nuova programmazione europea. Sarà un deterrente contro i rischi di infiltrazioni criminali e mafiose. Non facciamo finta che il problema non esista».
Si aspetta una spinta allo sviluppo?
«Sì ma non deve essere una spesa neutrale. Non deve avere come obiettivo solo l’aumento del Pil e, come pure è giusto, creare lavoro. Diamoci una missione politica ed etica: aggredire in maniera sostanziale tutte le diseguaglianze che indeboliscono l’Italia. Le diseguaglianze territoriali, sociali, generazionali e di genere. Non dobbiamo ricostruire l’Italia che c’era prima del Covid, queste risorse devono creare più giustizia».
Il centro Italia, Roma e il Lazio, potranno avere un ruolo trainante in questa fase?
«Ho lanciato uno slogan: costruiamo l’Italia tra i due mari. Il Paese nel dopo guerra è stata pensato tra Nord e Sud, non da Est a Ovest. Finalmente questo tema dell’Italia centrale ha preso forza per due motivi. La riscoperta delle aree interne, della montagna, del rapporto con l’Umbria e l’Abruzzo. L’altro è il rapporto tra le due coste. La novità è che si sta parlando di come unire Civitavecchia e Pescara sia su ferro sia su gomma e sono progetti finanziati».
Ogni romano vede il tema dei rifiuti come una ferita aperta.
«Gualtieri si sta muovendo bene. Affronta l’emergenza, evitando che Roma piombasse nel caos».
Beh, Roma non è proprio pulita pulita...
«Forse c’è poca memoria di come si era ridotta. Dall’altro lato Gualtieri sta lavorando con il piano industriale di Ama per presentare la svolta green della gestione del ciclo che prevederà anche impianti di conferimento e di gestione sia a Roma sia nella città metropolitana. Siamo sulla strada giusta. Gualtieri ha capito che scaricando su altri il problema, Roma resterebbe nell’emergenza».
Realizzerete i termovalorizzatori?
«La Regioni non fa impianti, non è il suo compito.

C’è un piano rifiuti votato, c’è un piano industriale di Ama che il sindaco si è impegnato a presentare quanto prima. Siamo usciti dal bar sport, ed entrati nella fase di programmazione».


Zingaretti resterà in Regione fino al 2023
«La mia unica missione è portare compimento questo mandato. A Fiuggi, alcune settimane fa, due signore mi hanno avvicinato e mi hanno detto “noi siamo di destra, non l’abbiamo votata, ma ci ha reso orgogliose di essere cittadine del Lazio”. Visto che ricordo l’orrore del 2013, ora mi fa piacere che questa comunità ce la stia facendo. Con molto meno odio. E con una maggioranza plurale in cui è prevalso il bene comune».
Come va la collaborazione il Movimento 5Stelle?
«Costruire una maggioranza ampia, aperta al civismo e ora ai 5Stelle, era una grande scommessa che stiamo vincendo. La nostra maggioranza va da Azione, a Leu, 5Stelle, Italia Viva e liste civiche. Qui prevale il bene comune. Non mi piace la corsa alla definizione “modello”, termine abusato. Però voglio valorizzare l’esperienza politica del Lazio. Pensate se in piena emergenza Covid la politica avesse dato l’immagine degli sgambetti o delle pugnalate: sarebbe stata spazzata via. Nei sistemi maggioritari ci deve essere una missione: organizzare un campo alternativo alle destre. E ci deve essere anche M5S. In realtà è quasi un dibattito finto, lo sanno tutti che è così. Ed è passato tra gli elettori».
Al Lazio, sulla gestione dell’emergenza Covid, è stato dato atto di avere lavorato bene, ad esempio con la campagna vaccinale. Oggi però vediamo lunghe code per i tamponi, pronto soccorso in affanno.
«Siamo tutti in campo per affrontare i problemi, ma non dobbiamo commettere l’errore di pensare che il successo della campagna vaccinale sia stato il regalo di chissà quale entità esterna. Essere usciti dal commissariamento ha voluto dire passare da 68 assunzioni nel 2013 a 10.000 in tre anni. Sta entrando una nuova generazione di operatori sanitari. E dopo 21 anni che non si costruivano ospedali abbiamo il piano sull’edilizia sanitaria più grande d’Italia. Ci porterà all’apertura di 8 nuovi ospedali».
Lei chiede l’obbligo vaccinale?
«C’è un problema etico e materiale. Etico, perché c’è il modo per evitare le morti grazie al vaccino, ma stiamo andando verso una strage di persone che potevano essere salvate. E dal punto di vista materiale, un ricovero in terapia intensiva costa allo Stato 1.800 euro al giorno. Avere gli ospedali pieni con persone che, se vaccinate, avrebbero evitato il ricovero, fa tardare le cure per molti altri malati. Bisogna insistere in tutti i modi per convincere le persone a vaccinarsi. Sull’obbligo, l’unico dubbio è che vedo complicata la sua attuazione. Ma moralmente il vaccino è un obbligo».
Lei è guarito dal Covid. Cosa le ha lasciato quell’esperienza?
«Da amministratore l’ossessione ad affrontare la pandemia come una missione di vita. Dal punto di vista personale il valore delle cose importanti della vita. La famiglia, le amicizie, gli affetti e gli amori».

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