Dopo anni di dialisi il trapianto a Padova: la storia di Antonio tornato a nuova vita a 50 anni

Padova, dopo anni di dialisi il trapianto a Padova: la storia di Antonio tornato a nuova vita a 50 anni
di Sabrina Vecchi
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Venerdì 9 Giugno 2023, 09:08 - Ultimo aggiornamento: 15:08

RIETI - Antonio se la ricorda bene, quella telefonata ricevuta nel cuore della notte. Perché nessuna persona in attesa di trapianto riesce mai a dimenticarla, la comunicazione che gli salverà la vita. "Potrebbe esserci un rene per lei, che ne pensa?", disse una voce che chiamava dall'ospedale di Padova. Il borsone era pronto da due anni, nella casa di Frasso Sabino di Antonio Sciamanna.

"Il tempo per un brevissimo pianto liberatorio insieme a mia madre, e ci siamo messi in macchina. La mattina dopo ero a fare tutti i controlli e le analisi". La vita di Antonio è segnata dalla nascita da una malattia ereditaria, che compromette gravemente i reni fino a non farli più funzionare.

La scelta di vita. "Sono stato in cura fin da piccolo, per evitare che le cisti dei reni si ingrandissero troppo e allontanare il più possibile la dialisi. Ho fatto cure aproteiche molto debilitanti, ma nel 2012 i miei valori sono crollati, e la dialisi è diventata inevitabile". Finché i reni cedono del tutto, e Antonio nel 2014 è costretto a toglierli, compensando con una durissima dialisi: l'impegno per la cura è di tre volte a settimana per cinque ore, e compromette l'umore, il lavoro, la vita sociale. "Puoi scegliere se metterti in lista per il trapianto, oppure no. Io ho cinquant'anni oggi, ero troppo giovane e la mia qualità della vita era davvero azzerata. Ero sempre stanco, mangiavo e bevevo praticamente nulla, per cui non ho avuto esitazioni, e ci ho messo forza di volontà, perché anche solo le analisi per mettersi in lista sono molto complicate e invasive, in molti mollano".

Gli ospedali. Antonio sceglie Roma o Padova, come ospedali di riferimento. "Nella scelta ti muovono le esperienze che senti, e anche le difficoltà logistiche. Devi essere assistito dai familiari, non puoi farcela da solo". Il 28 maggio 2015, in qualche parte d'Italia una vita si spegne, probabilmente per un incidente.

Una vita che orientativamente ha la stessa età e lo stesso peso di Antonio: "Un cadavere salva più vite, per cui in Italia ci saranno altre persone che sta vivendo grazie al corpo del nostro donatore, non so chi sia ma lo penso spesso, con una gratitudine immensa".

L'operazione. Nell'ospedale di Padova si corre per verificare compatibilità e analisi, e nel pomeriggio stesso Antonio entra in sala operatoria per svegliarsi nel primo giorno di una nuova vita. "È andato tutto bene, non ho avuto rigetti, nessuna complicazione. Ora vado a Padova una volta l'anno, mi controllo a Rieti ogni due mesi, al Reparto di Nefrologia sono davvero bravissimi. Posso fare tutto e sto vivendo un'altra vita, completamente diversa dalla precedente".

La festa dell'Aido di Rieti. I cinquant'anni di Antonio coincidono con quelli dell'Aido, che quest'anno festeggia mezzo secolo dalla fondazione. "Mi sono avvicinato qualche anno fa alla sezione di Rieti, quando passava per la città il Giro d'Italia dei trapiantati. Oggi sono amministratore, collaboro e sostengo le iniziative che la nostra presidente pianifica e organizza per sensibilizzare la cultura del dono". Cultura in cui Rieti eccelle in virtuosismo, considerando l'ottima crescita degli iscritti all'Aido, salita a 1734 soci, e quella dei cittadini reatini che hanno aderito alla Campagna "Una scelta in Comune", che nel giugno dello scorso anno erano ben 6600.

La presidente Beatrice Ratti. "Non importa quale sia la modalità prescelta - dice la presidente del gruppo Aido "Fabio Fioritoni" di Rieti, Beatrice Ratti - ciò che importa è arricchire il bacino dei donatori e incrementare la cultura del dono, come seconda possibilità di vita". In programma per il 9 giugno nell'ex chiesa di San Giorgio un convegno divulgativo che celebrerà attraverso vari interventi i cinquant'anni dell'Aido nazionale. E naturalmente ci sarà anche Antonio, a testimoniare in prima persona l'importanza di un gesto che vale la vita.

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