Rieti, Santa Rufina, il vescovo Pompili:
«Le donne contribuiscano
a rendere più umana la comunità»

Rieti, Santa Rufina, il vescovo Pompili: «Le donne contribuiscano a rendere più umana la comunità»
di Daniela Melone
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Sabato 13 Luglio 2019, 08:40
RIETI - La frazione di Santa Rufina, nel comune di Cittaducale, è nel pieno dei festeggiamenti in onore della patrona. La santa messa odierna è stata celebrata dal vescovo di Rieti monsignor Domenico Pompili, accolto dal parroco don Emmanuele Dell'Uomo D'Arme che ha ringraziato il pastore della Chiesa di Rieti, presente, nonostante i tanti impegni. 

Il grazie del parroco è stato il grazie di una intera comunità, riunita per festeggiare Rufina e Seconda, due sorelle il cui esempio è ancora vivo. «Da loro ci separano oltre 17 secoli - ha detto il Vescovo - Ma siamo qui per fare memoria della loro fede e del loro coraggio». 

Come per tanti martiri di quell’epoca, le due sorelle furono sottoposte a pressioni, interrogatori e proposte di apostatare e di matrimonio. Di fronte alla loro resistenza e rifiuto, non restò altro che ordinarne la morte. 
E' monsignor Pompili, nell'omelia, a sottolineare tre aspetti fondamentali nella vita di queste due sorelle, che non esitarono a mettere a repentaglio la propria vita e a farsi uccidere pur di non rinnegare la loro fede. 

«Almeno tre cose le rendono interessanti ai nostri occhi - ha detto il Vescovo - Hanno avuto il coraggio di non lasciarsi uccidere nell'anima. Quando questo accade è ancor più grave di quando ci viene tolta la vita fisica». 

Il Vescovo cita poi Giacomo Leopardi e la sua Recanati, a 200 anni dalla stesura de "L'infinito": «La piazzetta del Sabato del villaggio è diventata nell'immaginario una cosa straordinaria - dice - Lo sguardo di questo giovane favoloso ha avuto la capacità di saper andare oltre e tendere all'infinito. E' questo che sazia il cuore dell'uomo. L'anima di Rufina e Seconda non è stata uccisa, hanno mantenuto vivo il desiderio delle cose importanti». 

La pazienza è una seconda caratteristica che fa di Rufina e di Seconda due esempi.  «Oggi viviamo in una società impaziente. Di fronte ai problemi invece di attraversarli insieme maturiamo atteggiamenti aggressivi e violenti, ci stiamo incattivendo. Una maniera di affrontare le avversità molto diversa rispetto a quella di Rufina e Seconda, che non hanno fatto del male pur avendone subito tanto. Reagire con cattiveria è la cosa più scontata che ci sia. Loro hanno invece esercitato la pazienza, che è la virtù dei forti». 

Citando un fatto di cronaca che ha colpito profondamente l'opinione pubblica si domanda poi, il vescovo, come sia stato possibile leggere commenti ironici sul padre morto con la figlia avvinghiata sulle spalle. «Invece di interrogarci sul perchè un padre fa una scelta del genere addirittura l'abbiamo rimproverato di essersi esposto a tale pericolo. La cattiveria fa sì che oggi le vittime siano criminalizzate, invece di essere difese». 

Cita poi la parola della Scrittura per ricordare un'altra caratteristica delle martiri, che si affidano completamente a Dio, lasciando che sia solo lui a dare un senso a ciò che accade. «Il martire ha una speranza più grande e non va subito al contrattacco, come chi vuole reagire, con il desiderio compulsivo di farsi giustizia da sè. Il tempo, che è galantuomo, e Dio che custodisce la vita di ciascuno di noi, saprà renderci ciò che è giusto». 

Cita infine le sante al centro dei festeggiamenti di questi giorni in diverse parti della provincia, come Sant'Anatolia e Santa Vittoria. «Il cristianesimo delle origini - ha concluso - ha avuto una particolare attenzione al genere femminile. L'auspicio è che ancora una volta le donne contribuiscano a rendere più umana la comunità in cui vivono». 
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