Le dimissioni di Lorenzetti dalla Sabina universitas legate alle turbolenze interne della Varrone dove cresce la voglia di tornare a un presidente reatino

Le dimissioni di Lorenzetti dalla Sabina universitas legate alle turbolenze interne della Varrone dove cresce la voglia di tornare a un presidente reatino
di Massimo Cavoli
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Mercoledì 2 Giugno 2021, 09:20 - Ultimo aggiornamento: 12:41

RIETI - Un feeling mai sbocciato tra la città e Antonio D’Onofrio, il primo presidente “non” reatino eletto il 23 giugno 2018 alla guida della Fondazione Varrone, succedendo ai locali Innocenzo de Sanctis, Antonio Valentini (seguito da un periodo di reggenza dell’avvocata Mariella Cari), ed Edoardo Antonicoli. La colpa di un matrimonio, che sembra ancora da consumare, andrebbe ricercata soprattutto nella “questione università”, subito terreno di acceso confronto con chi aveva interpretato, in modo negativo, certe sue affermazioni. Basterà citare la polemica dell’Ugl che, nel 2019, in merito all’operazione salvataggio del Consorzio, lo accusò di «pronunciare frasi senza fondamento invece di rispondere alle istanze di studenti, lavoratori e famiglie che guardano con attenzione a quanto sta accadendo alla Sabina Universitas. Ci aspettavamo un piano di potenziamento del Polo universitario e non la minaccia del tipo “o cosi’ o chiudiamo tutto’». 

La correzione di rotta operata dal presidente fu repentina, «il mio intento – chiarì in una nota – era quello di focalizzare l’attenzione sulle difficoltà economiche dell’ente che dovrebbe portare pubblico e privato a sostenere realmente i costi».

Il seguito è storia recente, con la bocciatura del bilancio del Consorzio e le nuove ombre sul futuro dell’università a Rieti. 

Il caso dell'Atletica Studentesca. Polemica solo sopita, pronta a fare il paio con altri episodi, a partire dal mancato rinnovo della sponsorizzazione all’Atletica Studentesca Andrea Milardi, un vanto per lo sport locale, fonte di attenzione da parte della Fidal, vicenda liquidata da D’Onofrio con una decisione che altri membri della Fondazione non hanno condiviso, ma la linea del Cda di concedere contributi con nuove regole non ha consentito repliche. I pochi, usciti in passato allo scoperto, non hanno avuto miglior fortuna, come per la nomina del nuovo segretario generale dell’ente. 

Decisionismo. All’ingegner Francesco Ionni, all’ex consigliere Pierluigi Persio e all’avvocato Carlo Chiattelli, che invocavano un concorso per consentire a tutti i candidati interni di partecipare, D’Onofrio ha opposto una scelta personale, avallata dal consiglio di amministrazione, ottenendo dal ministero dello Sviluppo economico, che sorveglia l’attività delle fondazioni bancarie, anche un’apposita modifica dello statuto. Non era mai accaduto. Del resto, il decisionismo di Antonio D’Onofrio – al quale va riconosciuto di aver sposato iniziative di forte impatto, come l’apertura all’ex Bosi, insieme all’Asl, dell’hub per le vaccinazioni, e la politica di recupero delle opere d’arte scampate alla distruzione del terremoto di Amatrice -, è emerso anche in altre occasioni. 

Il caso degli avvocati. E’ il caso del processo sugli abusi edilizi commessi nella realizzazione del polo culturale delle Officine Varrone, condotto con successo dagli avvocati reatini Vincenzo Martorana e Matteo Pifani, ai quali, però, con un brevissimo preavviso, il presidente annunciò l’affiancamento in Appello di un altro avvocato di Roma, che della vicenda non si era mai occupato, suscitando il loro sgomento. Ancora, nella causa civile che vede la Fondazione opposta ad alcuni privati per i danni causati alle abitazioni dalle trivellazioni dei mezzi meccanici a largo San Giorgio, il presidente romano ha convocato nel proprio ufficio alcuni dei danneggiati, senza i rispettivi avvocati, per trattare direttamente sul risarcimento. Mossa che non è piaciuta, ma tant’è. 

Mandato da rinnovare. Insomma, non è più un mistero a Rieti che a un anno dal rinnovo delle cariche, con D’Onofrio già autocandidato per un secondo mandato, c’è chi spera di rivedere alla guida della Fondazione un presidente locale per riannodare i fili di un difficile dialogo. E già qualcuno, nei corridoi di Palazzo Potenziani, sussurra il nome di Roberto Lorenzetti, reatino doc, profondo conoscitore della storia locale e fresco dimissionario dalla carica di vice presidente. Non è più direttore dell’Archivio di stato, avrebbe tempo e passione sufficienti, le doti giuste per un buon matrimonio. Ma questa è tutta un’altra storia ancora da scrivere. 

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