Rieti, vescovo: un amministratore apostolico a gestire il “dopo Domenico”

Il vescovo Domenico Pompili (foto Meloccaro)
di Raffaella Di Claudio
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Sabato 10 Settembre 2022, 00:10

RIETI - C’è una data, quella del primo ottobre, segnata in rosso sul calendario della diocesi di Rieti. È il giorno entro (e non oltre) il quale sarà ufficializzato il nome del vescovo o di un amministratore apostolico che succederà a monsignor Domenico Pompili. Tra 21 giorni, il vescovo Domenico prenderà possesso della diocesi di Verona, la sede reatina diventerà vacante e sarà necessario per la Santa Sede assumere una decisione ufficiale, ad oggi ancora coperta da totale riservo. Le ipotesi in campo restano due. Come tratteggiato nel mese di luglio da Il Messaggero le strade che si aprono sul futuro della diocesi reatina oscillano tra la nomina di un nuovo vescovo (ordinato o da ordinare) e la scelta di affidarne la guida a monsignor Ernesto Mandara, attuale vescovo della diocesi Sabina Poggio Mirteto. Due vie che per quanto diverse tra loro sono accomunate dallo stesso obiettivo: giungere all’unione in “persona episcopi” – lasciando inalterate le strutture di ciascuna di esse ad eccezione del ministero episcopale, che è esercitato da un unico vescovo – delle diocesi di Rieti e Sabina-Poggio Mirteto. La differenza risiede unicamente nei tempi. Potrà accadere già ad ottobre, concretizzando l’unione attraverso la nomina di monsignor Mandara quale vescovo di Rieti e Sabina–Poggio Mirteto o tra cinque anni. In questo caso, la Santa Sede potrebbe decidere di attendere il momento in cui monsignor Mandara andrà in pensione, lasciando vacante la residenza vescovile mirtense per affidarla alla guida del vescovo di Rieti. 
Pur non essendo trapelata alcuna informazione, nell’uno o nell’altro senso, procrastinare la fusione al 2027 consentirebbe a un nuovo vescovo di prendere in mano i tanti progetti messi in campo da Pompili e svilupparli senza avere una scadenza temporale, come potrebbe essere quella della pensione. Ma sono ipotesi. La certezza è solo che prima o poi Rieti e Sabina verranno unite sotto la stessa guida. In Italia sono già 26 le realtà accorpate e ce ne sono esempi anche nel Lazio dove troviamo le diocesi di Palestrina e Tivoli guidate da monsignor Mauro Parmeggiani e Civitavecchia e Porto–Santa Rufina da monsignor Gianrico Ruzza. Alla base della volontà di Papa Francesco di attuare una ottimizzazione delle 227 diocesi italiane risiederebbero essenzialmente tre ragioni: un numero meno elevato, rispetto al passato, di parroci, la presenza ridotta di fedeli anche questa più evidente negli ultimi anni e la necessità di razionalizzare e risparmiare le risorse. Nel caso specifico della provincia di Rieti, a favore dell’accorpamento, infine giocano la vicinanza territoriale, l’estensione - con la diocesi sabina più popolosa (204mila abitanti) di quella reatina (94mila) – e il numero dei parroci: maggiore a Poggio Mirteto rispetto al capoluogo. Vedremo. 

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