Rieti, messa al cimitero
del vescovo Pompili
per commemorare i defunti

Messa del vescovo
di Daniela Melone
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Giovedì 2 Novembre 2017, 20:33 - Ultimo aggiornamento: 20:38
RIETI - Perché la morte se Dio promette la vita? C’era proprio bisogno? Non poteva risparmiarci questo tunnel misterioso? Domande con cui tutti, prima o poi, si confrontano. Domande sulle quali oggi ha riflettuto anche il vescovo di Rieti monsignor Domenico Pompili, nell’omelia della celebrazione per commemorare tutti i fedeli defunti, questo pomeriggio al cimitero di Vazia. Centinaia i fedeli che si sono ritrovati per la santa messa, concelebrata dal parroco di Vazia don Zdenek Kopriva e dal parroco del Terminillo, padre Mariano Pappalardo.

“Se non ci fosse la morte – ha detto il Vescovo - non saremmo mai costretti a compiere un atto di completa consegna di noi stessi a Dio. Con la morte siamo obbligati a fidarci incondizionatamente di Lui”.
“Sulla strada polverosa della vita – ha continuato Pompili – c’è anche questo momento molto difficile, nel quale però ci sarà dato di sperimentare questo senso dell’abbandono. La sete la capisce non chi distrattamente apre il rubinetto, ma chi si trova in luoghi solitari, senza fonti d’acqua. Anche la vita è come essere dentro un cammino solitario e nel momento della fine, il desiderio dell’acqua si fa lancinante. La parola che abbiamo ascoltato ci dà la certezza che a questo desiderio corrisponde l’abbraccio e la promessa di Dio”.

“La morte è un buco nero nel quale ci è data la possibilità di affidarci” ha aggiunto il pastore della Chiesa reatina, citando le parole del cardinal Martini che a questo mistero ha provato a dare una risposta affermando “La morte è inaccettabile, ma in quel momento siamo nella condizione di consegnarci senza scorciatoie al Signore. La morte resta il momento nel quale possiamo affidarci totalmente al Lui”.

Infine, da parte del Vescovo, è arrivato l’invito a riscoprire, in questi giorni di novembre, la bellezza della vita, a ritrovare, insieme, la memoria dei nostri cari e la prospettiva, perché la vita va molto oltre noi stessi.
 
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