RIETI - Quando fu costruito, somigliava più a una cattedrale nel deserto che a un luogo dove sarebbe stata amministrata la giustizia. Il tribunale di Rieti, che festeggia le nozze di diamante, sorgeva in un’area priva di strade, illuminazione e parcheggi, contornato da capanne, orticelli agricoli, sterri e pantani di acque malsane. La zona era quella denominata “Orto Ferroni”, scelta nel 1956 da una commissione presieduta dal prefetto Cristofero Tirrito e composta, tra gli altri, dal sindaco Lionello Matteucci, dal presidente del tribunale Giuseppe Iraso, dallo storico avvocato Mariano Trinchi, dal presidente del Consiglio dell’ordine degli avvocati Luigi Colarieti e dagli ingegneri di Genio civile e Provveditorato alle Opere pubbliche del Lazio.
Le tappe. Si trattava di fare presto, per non perdere i finanziamenti previsti dal ministero della Giustizia, occasione per dotare la città di una struttura efficiente, considerata la ristrettezza degli spazi disponibili nella vecchia sede di Palazzo Sanizi.
L’iter della realizzazione, nonostante l’urgenza, riservò però molte difficoltà, a partire dal reperimento di tutti i soldi necessari per realizzare il tribunale, che subì più di uno stop in fase di costruzione, l’ultimo di oltre un anno, e solo l’impegno del deputato Franco Maria Malfatti, prossimo a diventare ministro delle Partecipazioni statali, riuscì a strappare un ulteriore finanziamento di 70 milioni per consentire il completamento del tribunale.
I protagonisti. Palazzo di giustizia che nei suoi primi sessant’anni ha tenuto a battesimo toghe arrivate a ricoprire importanti ruoli nella magistratura. A piazza Bachelet esordì come pubblico ministero Domenico Sica, coordinatore a Roma delle inchieste sul terrorismo tra gli anni ‘70 e ‘80, Vittorio Bucarelli, il primo giudice a indagare sulla strage di Ustica, che a Rieti si occupava di cause di lavoro prima dell’entrata in vigore della riforma, quindi Cesare Mirabelli, sostituto procuratore e poi avvocato, approdato nel corso della carriera alla presidenza della Corte Costituzionale. Ancora, Alberto Caperna, giudice negli anni ‘80, che quando morì era procuratore aggiunto a piazzale Clodio, Enrico Pacifico, il giudice istruttore che una volta approdato nella Capitale firmò il primo maxi rinvio a giudizio contro i terroristi delle Brigate Rosse, Marcello Liotta, presidente della Corte di Assise e fino agli anni ‘90 in attività a Rieti, Giovanni Canzio, pubblico ministero e giudice, che ha raggiunto il vertice della Corte di Cassazione dopo aver presieduto le Corti di Appello di Milano e L’Aquila.
Sessant’anni ricchi di storia, di grandi processi che hanno visto la presenza di avvocati di fama nazionale, sede di inchieste sul terrorismo, sfuggendo ai tentativi di soppressione che, pure, qualche Guardasigilli del passato aveva ventilato. E adesso, per evitare nuovi rischi, il tribunale attende che vada in porto il potenziamento con la cittadella giudiziaria, che ha già avuto il via libera di giudici, avvocati e ministero della Giustizia.