Rieti, teatro Flavio inagibile: corsa contro il tempo

Teatro Flavio Vespasiano
di Giacomo Cavoli
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Martedì 23 Giugno 2020, 07:04 - Ultimo aggiornamento: 07:05
RIETI - «Un gioco dell’oca, di decisioni continue e di cambiamenti dovuti anche a nuove norme di sicurezza della gestione del teatro». L’assessore alla Cultura Gianfranco Formichetti difende l’operato del Comune, affrontando ieri la commissione Cultura richiesta dall’opposizione dopo il sequestro da parte dei carabinieri forestali della Procura, lo scorso 11 giugno, del teatro Flavio per l’assenza dell’agibilità antincendio, indagando il dirigente comunale Domenico Cricchi e il sindaco Antonio Cicchetti, quest’ultimo per aver firmato due ordinanze di apertura dopo un walzer di proroghe e promesse che si trascina dal 2009 e dopo che, l’estate scorsa, il Comune garantì che tutto si sarebbe risolto in pochi giorni.

La difesa
Secondo l’assessore, più si cercava d’adeguare il teatro, più le norme divenivano stringenti: «Nonostante il continuo impegno nell’adeguamento della sicurezza del teatro, la documentazione presentata non era sufficiente, perché si chiedeva di passare da un approccio prescrittivo a uno prestazionale, che si basa su una serie di calcoli». Ma l’intervento della magistratura non dev’essere piaciuto, a Palazzo di Città: «Se fossi stato al posto del sindaco avrei fatto lo stesso – ribatte Formichetti - perché mi sarebbe sembrata un’ingiustizia proibire gli spettacoli a un pubblico che aveva pagato l’abbonamento e a fronte di una sicurezza che, vista la carenza dell’agibilità antincendio, era stata garantita dalla presenza di vigili del fuoco e stewart. Sicurezza messa in discussione dalla magistratura». 
Quali saranno i tempi per vedere tolti i sigilli al Flavio, secondo l’assessore? 
«Possiamo dire che siamo nella completezza della documentazione necessaria alla riapertura. L’ultimo documento necessario per il Flavio sta passando dalle mani del comitato regionale a quelle dei vigili del fuoco di Rieti e ora abbiamo davanti un’autostrada. Spero che in pochi mesi tutto possa essere risolto».

Il paragone
Carlo Ubertini (Psi) attacca le parole di Cicchetti sull’essere «fiero di essere indagato per aver consentito di godere degli spettacoli in assoluta sicurezza». «Il potere del popolo è formale, non sostanziale, cioè è inscritto nelle regole – argomenta Ubertini - Sostenere che i cittadini possano godere del teatro oltre le regole è nostalgia sostanzialistica dal punto di vista politico, che mal si sovrappone alla cultura della democrazia». La vicenda del Flavio evoca però quella del polo culturale delle Officine Varrone. «Dalle motivazioni che hanno indotto la magistratura a intervenire sul teatro, si può dedurre l’entità del processo di ritorno in bonis dei rapporti – chiosa Giosuè Calabrese (Italia Viva) - Qualcuno deve guidare con fare positivo e dialogante per tornare alla normalità il prima possibile, perché la città non può permettersi l’ennesima difficoltà». Andrea Sebastiani (Gruppo Misto) evoca invece direttamente lo spettro di Largo San Giorgio: «Non mi preoccupa il destino giudiziario di Cicchetti, ma le lungaggini burocratiche che caratterizzano i percorsi che dovrebbero portare alla riapertura dei beni della città». Formichetti sposta il focus sull’emergenza Covid: «Il confronto non è puntuale, perché il problema di Largo San Giorgio è molto più grande. Invece, ammesso che il Flavio riapra, con le norme Covid abbiamo un limite massimo di 200 persone, comprese maestranze e attori. Chi impegnerà il teatro per uno spettacolo con 180 spettatori paganti?». Sipario, per ora.
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