LAVIA MATTATORE
Gabriele Lavia si è autodiretto nel recital «I ragazzi che si amano», spettacolo prodotto dalla Fondazione Teatro della Toscana che è stato monologo ma anche dialogo con il pubblico, pervaso da una inedita vena ironica per un attore di quelli cosiddetti «impegnati» come lui. A 75 anni, Lavia trova in questo spettacolo la chiave scanzonata e matura che gli permette di rielaborare al meglio una raccolta di poesie che ha segnato la sua giovinezza e innegabilmente anche quella dei molti spettatori presenti. Scarna ed essenziale la scenografia - panchine e lampioni su un letto di «feuilles mortes» - intense ma soffuse le musiche di Giordano Corapi, a lasciare il giusto spazio alla verve dell’istrione. Tra le ammirevoli intenzioni di Lavia nella trascrizione per la scena, senz’altro quella di scrollare di dosso a Jacques Prévert la patina melensa dello scrittore «da cioccolatini», riportandolo nel periodo storico in cui è vissuto e illustrando le influenze assorbite dalle sue opere. Con lo sguardo fisso sullo spettatore, la sapiente gestualità e il timbro allenato per colpire lì dove si deve, Lavia ha trasferito sul palcoscenico tutta l’intensità di un attore che calca le assi del palcoscenico da mezzo secolo.
TEATRO TUTTO ESAURITO
Notevole l’affluenza di pubblico - oltre 400 persone - e positiva anche la risposta, a giudicare dagli applausi a scena aperta per il protagonista, che si è dimostrato ancora una volta entusiasta del nostro teatro, con parole di encomio verso la sua celebre acustica. L’assessore Formichetti ha voluto cogliere la palla al balzo proponendo a Lavia una prima nazionale a Rieti per il suo prossimo spettacolo in lavorazione, «nell’ottica di far diventare il Flavio un teatro di produzione». L’attore pare sia rimasto favorevolmente colpito dalla proposta, al punto da sbilanciarsi in una promessa. E una promessa è una promessa, ça va sans dire.
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