Rieti, cura per le malattie dalle staminali
estratte dai denti del giudizio
Studio della Sabina Universitas

Staminali
di Massimo Cavoli
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Mercoledì 9 Dicembre 2015, 11:27 - Ultimo aggiornamento: 13:47
RIETI - Cellule staminali estratte dai denti del giudizio, da utilizzare per riparare lesioni muscolari oppure malattie degenerative, quali l'Alzheimer e la Sla, che comportano un danneggiamento del tessuto nervoso, come pure contrastare i processi di invecchiamento.
E' il risultato di una innovativa ricerca, storica per la città di Rieti, avviata negli anni scorsi da parte del Laboratorio di medicina sperimentale e patologia ambientale del Consorzio Sabina Universitas, con il sostegno della Fondazione Varrone, ora finita nelle pagine della prestigiosa rivista internazionale Elsevier (il maggior editore mondiale in ambito medico e scientifico), dove il lavoro dei medici ricercatori (alcuni reatini, affiancati da colleghi universitari romani) viene dettagliato con tabelle e spiegazioni.
Una rivoluzione, destinata ad aprire nuovi scenari di cura per alcune malattie attorno alle quali si stanno intensificando gli sforzi della ricerca. Il lavoro, cominciato nell'ottobre 2011 in collaborazione con lo studio dell'odontoiatra Costantino Santacroce, è stato portato avanti dal professor Vincenzo Mattei e dai medici Francesca Santilli e Vincenzo Tasciotti, tutti della Sabina Universitas, nonchè dal professor Maurizio Sorice, afferente al Dipartimento di Medicina sperimentale dell'università La Sapienza di Roma.
Ora, dei risultati raggiunti, si parlerà nei prossimi congressi medici ma l'attenzione riservata dalla rivista Elsevier testimonia l'indubbia validità della ricerca.

IL TRAGUARDO
«Anche in una piccola città si possono ottenere grandi risultati - commenta il dottor Santacroce - e questo studio lo conferma. Le cellule staminali vengono ricavate dall'asportazione del dente del giudizio in soggetti giovanissimi, tra i 13 e i 19 anni, prima della coronalizzazione. Quindi si procede ad estrarre la gemma del dente che contiene all'interno le nicchie staminali destinate a essere conservate dallo stesso paziente il quale, in caso di necessità, potrà utilizzarle in via autoctona senza per questo incorrere in problemi etici. Ovviamente, tutto ciò potrà essere effettuato dietro consenso informato espresso dai pazienti».
Nell'articolo, titolato ”Role of lipid rafts in neuronal differentiation of dental pulp-derived stemm cells”, gli autori della ricerca indicano tutti i possibili usi che possono essere fatti delle staminali, cellule estremamente importanti tanto da far nascere anche una vera e propria branca della medicina, definita rigenerativa, la quale, applicando precisi protocolli ha lo scopo di riparare organi e tessuti danneggiati, ripristinandone la funzionalità o, quantomeno, migliorandole.

IL FUTURO
Il lavoro di ricerca non si ferma però a questo risultato. «Stiamo conducendo nuovi studi - annuncia Santacroce - per approfondire altri impieghi delle staminali, quali quello per la rigenerazione dei denti o il grande giovamento che la chirurgia maxillo facciale in genere potrà trarre, come nel caso di ricostruzione in seguito all'asportazione di tumori ossi». Insomma, un futuro ancora tutto da scoprire.