Riesame, Riccardo Bianchi torna in libertà

Riccardo Bianchi
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Venerdì 15 Ottobre 2021, 00:10

RIETI - Torna libero il dirigente reatino, ex presidente di Federlazio Rieti, Riccardo Bianchi, dopo la pronuncia del Tribunale del Riesame di Roma. L’ingegnere, che la scorsa settimana si è dimesso dal doppio ruolo di presidente e amministratore delegato della società “AeA” - titolare della gestione degli impianti di depurazione del Consorzio per lo sviluppo industriale del Lazio Meridionale (Cosilam) - il 23 settembre era finito agli arresti domiciliari con l’accusa d’inquinamento ambientale del fiume Rio Pioppeto, aggravato dal vincolo paesaggistico. Il Riesame ha stabilito che a Bianchi venisse sostituita la misura cautelare degli arresti domiciliari con l’interdizione a svolgere ruoli societari. Revocati i domiciliari anche a Roberto Orasi (amministratore di fatto della società) e ad Amedeo Rota (responsabile degli impianti Cosilam gestiti dalla “AeA”). «Siamo molto soddisfatti - dichiarano, dal pool della difesa dell’ex presidente, gli avvocati Sandro Salera e Domenico Marzi. - La nostra soddisfazione nasce dal fatto che il Tribunale del Riesame di Roma ha fatto esattamente ciò che abbiamo chiesto: la sostituzione della misura degli arresti domiciliari con il provvedimento interdittivo. Questa stessa richiesta era stata avanzata al Gip del Tribunale di Cassino e, per parere, al Pm competente, ma non c’è stata concessa. La risposta è stata che l’unica misura cautelare possibile erano gli arresti domiciliari. Di parere diverso è stato il Tribunale del Riesame di Roma e per questo siamo molto soddisfatti. Per tutti gli aspetti tecnici - concludono gli avvocati di Bianchi - ce la vedremo dinanzi al Tribunale del Riesame di Frosinone». Il Tribunale di Cassino aveva rigettato la richiesta dei legali di attenuare le misure cautelari, motivo per il quale Salera e Marzi si sono rivolti al Riesame di Roma, ottenendo la revoca dei domiciliari.

La vicenda
Gli arresti erano arrivati al culmine dell’operazione Acquanera, condotta dai carabinieri forestali del Nipaf di Frosinone, attraverso l’ordinanza emessa dal Gip di Cassino, Vittoria Sodani.

Nell’ordinanza sono contenute tutte le risultanze di due anni di indagini, rilievi, intercettazioni e prove fotografiche, da cui emerge, secondo l’accusa, un sistema di azione collaudato, finalizzato a «giustificare lo stato del depuratore attraverso la denuncia di non meglio precisati scarichi anomali, fingendo di non conoscerne le ragioni». Dalle ricostruzioni della Procura emerge come lo scopo dei vertici della società fosse quello di apparire vittime delle immissioni di reflui irregolari che hanno comportato la formazione di fanghi, schiume e il superamento dei valori dei solidi sospesi, alluminio, solfiti e solfuri nelle acque del Rio Pioppeto. In sede di interrogatorio di garanzia, però, l’ex presidente Bianchi, rispondendo a tutte le domande poste dal Gip Sodani, ha ripercorso la sua attività svolta e negato ogni inerzia, proprio in virtù di quelle numerose segnalazioni fatte agli organi deputati al controllo. Resta comunque in piedi l’impianto accusatorio che ruota attorno alla depurazione non corretta dei reflui, che ha comportato il riversamento di liquidi inquinanti nelle acque del Rio Pioppeto, dove sono stati riscontrati livelli altissimi di Cod, Bod5, solidi sospesi, alluminio, solfuri, solfati e fosforo totale. Livelli tali da provocare, secondo gli investigatori, «il deterioramento del corpo recettore del corso d’acqua».

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