Accusa che l’imputato, Giuseppe Maria Boccacci, 63 anni, in gioventù tra i protagonisti dello sport locale – assolto ieri dalla Corte di Appello perché il fatto non sussiste, in riforma della sentenza del gup - aveva sempre negato, ammettendo soltanto di aver consumato insieme al suo amico sostanze stupefacenti del tipo hashish e marijuana, ma mai eroina, come invece sostenuto dalla madre del tossicodipendente (affetto da una grave malattia e deceduto successivamente in altre circostanze), testimone dei continui incontri che avvenivano in casa sua tra il figlio e l’amico e delle telefonate (ascoltate) intercorse tra i due, aventi per oggetto l’acquisto della droga senza però specificarne il tipo.
In buona sostanza, da quanto emerso nel primo processo, la donna, pur senza mai assistere a cessioni di eroina da parte dell’imputato, aveva raggiunto determinate conclusioni sulla base di supposizioni e congetture personali, le stesse che i giudici di secondo grado – accogliendo il ricorso presentato dall’avvocato Fabrizio Di Paolo contro la condanna di Boccacci - non hanno ritenuto attendibili per confermare la precedente condanna.
A scagionare Boccacci, nel corso dell’istruttoria (i fatti si verificarono tra il 2009 e il 2010), era stato in tre diversi interrogatori anche lo stesso tossicodipendente rendendo affermazioni - secondo il ricorso dell’avvocato Fabrizio Di Paolo – mai smentite da altri testimoni diretti, tanto da non poter essere considerate false, contrariamente alla convinzione del gup giunto a definirle «non rilevanti» proprio perché rese da un soggetto interessato.
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