Rieti, il regista Pupi Avati oggi a Rieti: il suo Dante "raccontato" da Boccaccio

Pupi Avati
di Sabrina Vecchi
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Mercoledì 15 Dicembre 2021, 00:10

RIETI - Una mezz'oretta di chiacchiere di buon mattino con Pupi Avati riconciliano con la rincorsa al nulla che viviamo ogni giorno: "Mi chiama al fisso per cortesia? Così l'ascolto meglio". In arrivo a Rieti oggi, mercoledì 15 dicembre, presso il locale "Le Tre Porte" di via della Verdura, il regista presenterà alle ore 18 il suo ultimo libro "L'alta fantasia", edito da Solferino e frutto di oltre vent'anni di studi danteschi. Federico Fellini gli ha aperto la strada del cinema, Lucio Dalla quella del jazz. E quella della scrittura? "Sono anni che scrivo - risponde Avati - non conto neanche più i libri. All'inizio il mio approccio era del tutto cinematografico, praticamente scrivevo quasi fedelmente ciò che sarebbe diventato un film. Dalla mia autobiografia in avanti invece ho capito che un romanzo mi dava l'opportunità di ampliare: un film è condizionato dal budget, il libro no. Per capirci, se in una pagina scrivo di duemila cavalli, l'editore non dice nulla, mentre il produttore si spaventa: e come li paghiamo duemila cavalli?" Dell'ultima fatica editoriale, il regista va fiero: "Mi hanno chiesto dall'Università di Tor Vegata di utilizzarlo per i corsi, avere un valore didattico è gratificante". Il suo poetico viaggio fino al convento delle clarisse di Ravenna, dove la figlia di Dante Alighieri si è fatta monaca, per consegnarle un risarcimento per l’esilio ingiustamente subito dal padre, si legge soave e pregno di vita vissuta, in perfetto stile Avati. E la sua intuizione di far parlare Boccaccio appare singolare: "L'idea di vedere Dante con gli occhi di Boccaccio permette di evitare un mio rapporto diretto con il Poeta, posso dunque arrivare a lui in modo non accademico. In ogni caso non ho inventato nulla, tutti conoscevano questa storia, ma nessuno l'ha utilizzata". Un libro già diventato film, che vedremo nella sale il prossimo anno con Sergio Castellitto nei panni del protagonista, "un attore di grande sensibilità che certamente avrebbe saputo trasmettere affetto e passione, e risarcire dunque in qualche modo quel poveretto di Dante". Sulla sua nota capacità di individuare il volto giusto, Avati divide il merito con il fratello Antonio: "Lavoriamo insieme, spesso è lui ad aiutarmi. Non mi piacciono gli attori usati e poi dimenticati, oppure utilizzati male, senza valorizzarne tutte le qualità". Il regista ci vede lungo e va oltre generi e schemi convenzionali; basti pensare alle interpretazioni di Neri Marcorè o Vanessa Incontrada, sue piacevolissime scoperte sciolte dai vincoli dei tempi televisivi, oppure allo struggente Renato Pozzetto in "Lei mi parla ancora", che fuori dal cliché della comicità si è rivelato un superbo attore drammatico "non credeva manco lui di esserne capace". Per dire quanto il regista bolognese ami le sperimentazioni, basti pensare che aveva scelto inizialmente Massimo Boldi, ma per impegni concomitanti non se ne fece nulla. Cinquantadue film all'attivo, fiction, una ventina di libri, riconoscimenti come se piovesse e - non per ultimo - un matrimonio riuscitissimo e pieno di longevo amore, Pupi Avati è prima di tutto un uomo curioso e piacevolissimo, che non si arrende alle cose "che vanno storte" ed ha fame di conoscenza e cultura. Non della cultura da assorbire tra quattro mura, ma quella che si nutre di contatti, amicizie e relazioni vive. "Ci siamo impigriti oggi, basta vedere la televisione che insegue solo i dati d'ascolto. Il dibattito politico poi è una cosa imbarazzante, viene messo in dubbio anche il vaccino, lo trovo aberrante", dice il regista. "La situazione culturale del Paese è tragica, nessuno si impegna più di tanto, non vengono valorizzate le cose che richiedono impegno e fatica. Senza contare che la qualità degli esseri umani è scaduta, non c'è voglia di imparare, di approfondire, anche tra i giovani. Le faccio un esempio: su diciotto studenti di cinema, solo tre sapevano chi fosse Mariangela Melato. C'è bisogno di aggiungere altro?".

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