RIETI - Non ci facciamo mancare nulla. Alla fine, l’onda delle proteste contro il Green pass, da Trieste in giù (e non per far l’amore come cantava Raffaella Carrà), ha varcato i monti ed è planata - poi vedremo con quale adesione - nella conca reatina. Dunque, chi per timore di un ago, chi per mancanza di strumenti cognitivi, chi per disinformazione e chi per malcontento politico, oggi (annunciato un presidio dalle 16 in piazza Vittorio Emanuele II) potrà ritrovarsi in piazza e protestare contro il certificato verde. Lo potrà fare perché è giusto esprimere il proprio dissenso, anche in questo modo. Cosa ben diversa è la libertà, questa non contemplata dall’articolo 21 della Costituzione (rileggerlo ogni tanto fa bene), di mettere a repentaglio la salute pubblica, magari connotando politicamente un provvedimento di prevenzione (qual è il Green pass). Perché, lo abbiamo visto proprio a Triste ma, soprattutto, a Roma (vedi l’assalto alla sede della Cgil), tra chi protestava contro il certificato, considerandolo un ostacolo alla propria libertà, c’era anche chi lo utilizzava, con violenza, come pretesto per fare proselitismo politico.
Lo scenario
È il male dei nostri tempi, al pari del Covid: trasformare una norma, un provvedimento o una decisione politica in un “hashtag”, cioè in una parola chiave capace di attrarre seguaci e parlare alla loro pancia. Non funziona con tutti, perché in Italia, vivaddio, quasi l’86% della popolazione over 12, pari a circa 46 milioni di individui, ha scelto di vaccinarsi contro il Covid-19.
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