Da Rieti a New York: Gcmun,
11 liceali reatini nella sede
delle Nazioni Unite: il racconto
dei protagonsti

I liceali reatini nella sede delle Nazioni Unite
di Vittorio Giuliano
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Giovedì 21 Marzo 2019, 09:42
RIETI - Aeroporto di Fiumicino, ore 12, valigia alla mano. Polso più accelerato del solito, mani bagnate ed una irrefrenabile voglia di sorridere per allentare un po’ la tensione. Questi i sintomi per chi si prepara a salutare dall’oblò di un Airbus la pensola italiana e, in un battito di ciglia lungo 8 ore, si ritrova immerso tra i grattaceli del melting pot: “la metropoli di manhattan”.

Così inizia l’esperienza degli 11 liceali di Rieti e la coordinatrice, la professoressa Antonietta Tiberi Vipraio, che hanno aderito al progetto GCMUN promosso dall'organizzazione United Network, in collaborazione con il Liceo Scientifico Carlo Jucci, istituto polo della città.

Il Global Citizens Model United Nation, che quest’anno si è svolto dal 26 febbraio al 6 marzo, fa parte di quella serie di simulazioni che stanno prendendo sempre più piede come metodo didattico alternativo a quello delle realtà scolastiche. In questo caso gli studenti si sono trovati a dover vestire i panni di un delegato delle Nazioni Unite tenendo in mano un microfono in una sala del palazzo di vetro di New York; di sicuro non la peggiore delle ambientazioni per un gioco.

Un gioco indubbiamente impegnativo, che richiede una solida conoscenza dell’inglese, una buona capacità nel public speaking ed una predisposizione riguardo alle tematiche di carattere internazionale.

«Parlare di problematiche così ostiche in lingua inglese direttamente a ragazzi madrelingua dà un notevole sprint alla conoscenza e alla padronanza della lingua - suggerisce Michele Esposito del 4s dello Scientifico - molto spesso ti ritrovi a parlare senza alcuna linea scritta, dovendo rispondere all’impronta alle domande che ti vengono poste e questo, senza alcun dubbio è fonte di grande stimoli e accresce la confidenza nel parlare una lingua diversa da quella madre».

Assegnata ad ognuno dei ragazzi una nazione e una tematica scelta dalla Agenda delle United Nations, gli aspiranti delegati si sono dovuti cimentare, infatti, con uno studio approfondito del tema per arrivare il più preparati possibile all’occasione. «La preparazione è stata lunga ed impegnativa - dice la Juccina Beatrice Innocenti. Abbiamo affrontato 5 incontri con gli staffer di United Network nei quali, dopo un’infarinatura generale riguardo alla storia delle Nazioni Unite, ci è stato spiegato come affrontare al meglio la simulazione: illustrate le regole del gioco, ci hanno dato qualche indicazione su come gestire l’ansia e, cosa che ho trovato molto utile ed interessante, su come rendere i nostri discorsi in pubblico più efficaci possibile. Abbiamo poi dovuto scrivere un position paper, ovvero un documento contenente la posizione del paese assegnatoci riguardo alla tematica in adozione; i tempi per la scrittura sono stati abbastanza stretti e il lavoro si è dimostrato davvero impegnativo, soprattutto perché gli argomenti proposti sono molto distanti da ciò che generalmente viene trattato da noi ragazzi».

La raccolta e l’analisi delle informazioni, in casi come questi, si rivela un lavoro molto impegnativo e spesso frustrante poiché non tutti i governi rendono note le informazioni sulle loro politiche. Una ricerca che richiede un grande sforzo, ma che viene ampiamente ricompensato dalla bellissima cornice nel quale si svolge la simulazione e dalla maturazione personale che tale esperienza offre.

«La cosa che mi è piaciuta di più del progetto - racconta Alice Ambrosi del 4D dello Jucci- è stato potermi sedere sulle poltrone delle sale dell'ONU, che generalmente vengono occupate dai rappresentanti degli stati membri e i diplomatici che vediamo in televisione. La sala dell'assemblea Generale  trasmette potenza, guardandosi intorno si percepisce che lì dentro vengono prese decisioni che possono cambiare la storia del mondo, ci si sente fortunati oltre che emozionati. Io credo che Model come questo -continua la ragazza- ti facciano crescere; ti metti alla prova, e spesso scopri di avere più forza, spigliatezza e coraggio di quanto tu possa immaginare. Proponendo le mie idee e sentendole condivise da ragazzi provenienti da diverse parti del mondo mi ha confermato che mentalità e culture diverse possano in realtà convivere in armonia, senza dover aver paura del diverso o discriminare  ciò che non conosciamo, perché non sono il colore della pelle o la lingua a cambiare i valori e i principi delle persone».

Ma risolvere l’esperienza nella sola partecipazione a questa simulazione, che basterebbe per rendere il viaggio estremamente formativo, vorrebbe dire trascurare tutto ciò che questo programma ulteriormente.

Fotografare uno scoiattolo che si arrampica su un albero di Central Park, ammirare i capolavori del MoMa e del Met, sognare il proprio futuro guardando al tramonto la città di New York dai 381 metri dell’empire state building, addentare un “buon” Hot Dog statunitense e la meno buona, ma vera pizza newyorkese sono polaroid di un’esperienza che per sempre rimarrà impressa nei ricordi di questi studenti.

«New York é mozzafiato - dice ancora Alice - flussi irrefrenabili di lavoratori, turisti e locali che riempiono le strade di colori e vitalità... È veramente la città che non dorme mai. Per le streets e le avenues camminavo con la testa rivolta un po' verso l'alto per godermi le enormi pareti dei grattacieli e un po' rivolta verso la folla, per cogliere momenti della quotidianità di quelle strade, come un venditore di panini che urla, i poliziotti come quelli delle serie tv e le persone che chiamano i taxi».

Un’esperienza unica resa ancora più speciale dal bellissimo feeling che si crea tra i ragazzi e dall'ambiente in cui si trovano immersi per 8 giorni nei quali, complice anche il jet lag, si staccano completamente dalla loro realtà quotidiana.

«Prima di partire ero molto curiosa - confessa Elena Ciancarelli del Liceo di piazza San Francesco - avevo delle aspettative che sono state tutte ampiamente superate. L’idea di confrontare le proprie convinzioni, modellate riguardo alle linee generali di politica estera di un paese, con quelle di altre persone cercando di trovare un punto comune sul quale lavorare per trovare una soluzione a problematiche di ampio respiro è di per sè molto istruttivo a livello di crescita personale, e la possibilità di farlo con ragazzi di origini differenti dalle nostre rende tutto più interessante. L’atmosfera che si crea è davvero magica: un mix di culture diverse: in prevalenza i ragazzi sono statunitensi, ma si incontrano studenti provenienti dalle più disparate parti di Europa e molti anche di nazionalità asiatica; si entra in contatto con un altro mondo, con modi di pensare molto lontani dal nostro e per me la possibilità di confrontarmi con culture così diverse è stata la vera forza di questa esperienza».

Un timbro impresso con un inchiostro più vivo quello che questi ragazzi hanno impresso sul passaporto dei loro ricordi liceali, un spiffero di ossigeno che alimenta la fiamma dei sogni, un’opportunità che difficilmente resta fine a se stessa e che rappresenta indubbiamente un grandissimo stimolo per l’ambizione degli studenti e un investimento sul futuro dei ragazzi chiave per il miglioramento della società.   
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