Rieti, viene operata per colecisti:
muore dopo due mesi di odissea
Si indaga per omicidio colposo

Rieti, viene operata per colecisti: muore dopo due mesi di odissea Si indaga per omicidio colposo
di Massimo Cavoli
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Martedì 24 Gennaio 2017, 13:44
RIETI - Era entrata in ospedale per essere sottoposta a un intervento alla colecisti («L’operazione non presenta particolari difficoltà», le avevano assicurato), ma la sua degenza si è trasformata ben presto in un’odissea, fino a condurla alla morte, avvenuta giovedì della scorsa settimana nell’ospedale ternano del Santa Maria.

Adesso, sul caso di una donna di 62 anni, Amelia Mitrotti, moglie di Ariodante Guadagnoli, un tappezziere molto conosciuto e apprezzato che lavora nel quartiere Borgo di Rieti, la procura della Repubblica di Terni ha aperto un fascicolo ipotizzando il reato di omicidio colposo (al momento contro ignoti), atto necessario per consentire lo svolgimento dell’autopsia sulla salma della paziente deceduta, disposta dal magistrato per accertare eventuali responsabilità od omissioni da parte del personale medico che ha avuto ha avuto in cura la signora.

L’esame sarà eseguito questa mattina dal medico legale Sergio Scalise (subito dopo è previsto il rilascio della salma per lo svolgimento dei funerali, non ancora fissati), consulente nominato dal pubblico ministero, al quale prenderà parte, come perito di parte, l’anatomopatologo Gaetano Falcocchio che affianca l’avvocato reatino Mario Cicchetti, il legale che ha presentato la denuncia su incarico di uno dei due figli della vittima.

LA RICOSTRUZIONE
Agli atti dell’inchiesta che sta muovendo i primi passi, c’è la ricostruzione di oltre tre mesi di sofferenze e patimenti come l’hanno testimoniata i familiari, a partire da quell’intervento programmato per il 26 settembre e rinviato per due volte consecutive nel giro di 48 ore a causa di urgenze impreviste, quando la Mitrotti stava per raggiungere il nosocomio di Terni.

Poi, finalmente, l’operazione era stata eseguita il 28 settembre nel reparto di Chirurgia del Santa Maria, ma quello che avrebbe dovuto rivelarsi un normale decorso post operatorio, aveva subito presentato delle complicazioni. In particolare, secondo la denuncia, le condizioni della signora invece di migliorare («Tra qualche giorno sarà dimessa», dissero i medici ai familiari uscendo dalla sala operatoria), erano andate subito peggiorando, tanto da costringere i sanitari a indurla in uno stato di coma farmacologico per ventitré giorni, segno evidente che qualcosa non era andato per il verso giusto.

Quindi, il risveglio e le dimissioni avvenute il 24 dicembre, con l’invito ricevuto a rientrare in ospedale il 3 gennaio per proseguire le cure ma il 27 dicembre, appena tre giorni dopo aver lasciato il reparto, la signora Amelia era stata costretta a tornare al Santa Maria perché presentava delle perdite di liquido purulento dai fori praticati dal chirurgo per asportare i calcoli. Inizia, a questo punto, l’ultima parte dell’odissea vissuta dalla paziente che a Chirurgia viene sottoposta nei giorni successivi ad altri due interventi, l’ultimo dei quali eseguito lo scorso 19 gennaio per procedere all’aspirazione dei liquidi che si erano formati nell’addome in seguito, sembra da una prima ipotesi formulata, alla perforazione di un vaso interno. Alle sei del pomeriggio la conclusione dell’operazione, poche ore dopo, prima dell’una di notte, era sopraggiunta la morte.

Un epilogo inaspettato e drammatico per la famiglia Guadagnoli, sul quale dovrà adesso fare piena luce la procura che ha già disposto il sequestro della cartella clinica ospedaliera e, solo dopo aver ricevuto i risultati dell’esame autoptico, deciderà sull’iscrizione nel registro di eventuali indagati.
 
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