Il Rieti piange la morte
di "Giggi" Marchitelli.
Lo ricorda Fabrizio Tomassoni

Il Rieti piange la morte di "Giggi" Marchitelli. Lo ricorda Fabrizio Tomassoni
di Marco Ferroni
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Giovedì 20 Febbraio 2020, 11:00
RIETI - La Rieti calcistica piange la morte di Luigi "Giggi" Marchitelli, indimenticato giocatore della SS Rieti. Il suo passato in amarantoceleste rivive nel ricordo che gli ha voluto dedicare sul suo profilo Facebook da Fabrizio Tomassoni, decano del giornalismo locale, nonché memoria storica del calcio reatino. 

«Marchitelli - racconta Tomassoni - fu un personaggio che fece subito breccia nel cuore dei tifosi reatini, dopo che il presidentissimo Sabatino Iacoboni (insieme con il notaio Massacci) riuscì a prelevarlo dal Gladiator di Santa Maria Capua Vetere nel 1955. Giggi allora, poco più che ventenne, era una punta di movimento e fu voluto dal tecnico Amoretti. Con lui arrivò anche Gigi Pennino dalla Paolana. Era di  baricentro basso ma aveva uno scatto nel breve che fulminava l'avversario, unito a una rara intelligenza tattica. Le sue vicende in amarantoceleste non furono sempre felici al massimo, anche per le bizze di allenatori e presidenti. Eppure, non si separò mai da quella maglia e il suo capolavoro al Rieti fu la stagione 1963/64: Giggi era il mediano davanti a Brusadin e Martini ed era davvero difficile passarlo; tra l'altro non aveva mai dimenticato i suoi trascorsi di attaccante e nella gara di ritorno al "Fassini" contro il Formia di Cardarelli fu lui a riagguantare il risultato, dopo il vantaggio iniziale dei tirrenici, spianando la strada alle due successive reti di Galassini e Riccardi (ma anche facendosi espellere per un banale fallo di reazione). Rimase ancora all'ombra della ciminiera della Viscosa altri quattro anni, prima di lasciare il calcio giocato. Poi, con la indimenticata moglie Nives gestì un negozio di antiquariato molto apprezzato in città. Con Giggi Marchitelli se ne va un altro pezzo di storia del calcio reatino: ci rimane impresso nel cuore la sua bonomia, quel sorriso scanzonato, anche nelle situazioni più complicate. Negli ultimi tempi, prima che la malattia lo costrinse a ritirarsi in casa, lo incontrai a Porta Conca: mi ricordò con lo sguardo commosso di quel trionfo del 1964, di Lillo, di Aldo Mosconi, mi chiese di Alberto, di Nunzio, poi mi disse: «Se avessimo avuto noi quell'erba del "Manlio Scopigno" saremmo andati in serie B di filato». Grazie, dunque, a Giggi Marchitelli per le gioie che ci ha donato, onorando quella gloriosa maglia amarantoceleste! E che il Signore lo accolga nella sua pace».
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