Rieti, donna morta a Cascia: saranno ascoltati tutore e Servizi sociali

Onelli di Cascia
di Ilaria Bosi
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Mercoledì 22 Febbraio 2023, 00:10

RIETI - ​Dall’assistente sociale nominato dal giudice, come tutore, al rappresentante legale dell’Istituto della provincia di Rieti in cui Patrizia Canini e la sua coinquilina di 46 anni, entrambe disabili al 100 per cento, hanno vissuto prima di arrivare in Umbria, passando per la proprietaria dell’immobile di Onelli di Cascia e per referenti dei Servizi sociali del Comune di residenza delle due donne. Nell’indagine che lega a doppio filo l’Umbria e la provincia di Rieti, è lungo l’elenco dei testimoni che la Procura di Spoleto intende sentire nei prossimi giorni, per meglio inquadrare il contesto in cui la 48enne, morta giovedì scorso, e l’altra donna vivevano.

I passaggi. Se le circostanze del decesso potranno essere chiarite dall’autopsia, eseguita a Perugia lunedì pomeriggio, nell’immediato, i medici hanno constatato la presenza di lividi sul corpo di entrambe. E anche sulla scorta del racconto della sopravvissuta, gli inquirenti hanno iscritto nel registro degli indagati la donna di 68 anni, nativa di Montisola di Contigliano, che si era stabilita in Umbria insieme a loro. L’ipotesi per cui procede la procura di Spoleto (titolare del fascicolo è il pm Andrea Claudiani) è quella di maltrattamenti, anche se c’è l’impressione che questo sia solo il punto di partenza di un’indagine destinata ad allargarsi.
Se, infatti, la compatibilità delle ecchimosi con eventuali violenze potrà essere chiarita dalle consulenze medico legali disposte, è evidente che in questa triste vicenda gli aspetti da valutare sono molteplici.

E vanno dagli accertamenti patrimoniali sui conti delle due donne invalide (a partire dalla loro gestione) all’effettivo ruolo ricoperto da quella che, per semplicità, viene definita la badante, anche se non si sa bene se avesse un incarico specifico e, eventualmente, chi glielo avesse affidato.

Le origini. Patrizia Canini e la sua coinquilina, rispettivamente originarie di Marcellina e di Tivoli, in provincia di Roma, non avrebbero del resto familiari stretti in grado di occuparsi di loro e, per questo, erano finite in un istituto. A garanzia dei loro interessi, il giudice tutelare aveva nominato un tutore legale, lo stesso per entrambe, che una volta sentito potrà verosimilmente aiutare gli inquirenti a capire almeno alcuni aspetti di questa storia di profondo degrado. Le due donne - che in passato erano domiciliate a Roccanieri di Longone Sabino - insieme all’assistente, vivevano a cinque chilometri da Cascia, ma il Comune umbro ha spiegato che le istituzioni locali non erano assolutamente a conoscenza della loro presenza. Altrimenti avrebbero avuto un medico di famiglia e sarebbero state prese in carico dai servizi sociali, che le avrebbero potute coinvolgere anche in varie attività aggregative presenti a Cascia e rivolte agli utenti fragili. Patrizia e l’altra donna vivevano praticamente da invisibili e solo saltuariamente venivano viste in paese, quando si recavano a buttare l’immondizia o a prendere la legna.

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