Rieti, lite tra cugini per un’eredità: la sentenza arriva dopo 33 anni

Il palazzo
di Massimo Cavoli
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 19 Maggio 2021, 00:10

RIETI - La prima causa era partita 33 anni fa, nel 1988. E soltanto adesso si è arrivati alla sentenza definitiva sul contenzioso tra un costruttore e sua cugina per la divisione della proprietà di un palazzo a destinazione abitativa. L’immobile si trova al confine tra i comuni di Rieti e di Cittaducale, importante centro d’arte della valle del Velino.

L’accordo saltato
Tutto comincia con un accordo che prevede la realizzazione del palazzo sulla proprietà di famiglia. L’appalto viene affidato all’imprenditore, ma presto sorgono le prime divergenze sulle modalità di esecuzione dei lavori e partono le cause tra parenti. 
Nei trentatré anni trascorsi sono state pronunciate quattro sentenze da organi giudiziari diversi: la prima dal tribunale civile di Rieti, poi due dalla Corte di Appello, nel 2010 e nel 2014, quindi una della Cassazione, fino ad approdare nuovamente in Corte di Appello, dove è proseguito il giudizio sospeso in precedenza. In questa sede, è stato dato corso all’ultima decisione della Suprema Corte procedendo all’estrazione delle quote da assegnare alle parti in lite, in base a una consulenza tecnico di ufficio disposta dai giudici.

Le sentenze 
La prima sentenza del Tribunale civile di Rieti, depositata nel 1988, era risultata sfavorevole al costruttore. L’uomo aveva citato in giudizio la cugina per inadempimento contrattuale. La richiesta era stata accolta dal giudice, ma il Tribunale aveva anche accertato l’entità dei pagamenti effettuati dalla signora, impegnata a sua volta a chiedere la risoluzione del contratto di appalto per colpa del parente. La sentenza dichiarava comunque inammissibile l’istanza di divisibilità la divisibilità del bene comune, avanzata dal costruttore.

E sarà questa circostanza a dilatare ogni oltre previsione i tempi di giudizio.

Sentenza ribaltata
A ribaltare la sentenza, dopo il ricorso presentato dallo studio legale Belloni, per conto dell’imprenditore, era stata la Corte di Appello, il 25 giugno 2003. Il giudice aveva riformato il giudizio di primo grado. La decisione dava il via libera alla ripartizione del terreno di quasi 13 ettari che comprendeva l’enorme fabbricato di quattro piani destinato a ospitare molti appartamenti e non ancora ultimato nelle tamponature esterne. Uno scheletro in cemento armato, come appare ancora oggi percorrendo la via Salaria per L’Aquila. L’emblema della giustizia.

La sospensione
Ma, da quella decisione, è stato necessario attendere altri sedici anni prima che la Cassazione, nel 2019, dopo la sospensione del giudicato di secondo grado per alcuni ricorsi su questioni di diritto, finiti all’esame degli ermellini, si esprimesse con una sentenza, diventata poi definitiva. Un pronunciamento che rendeva il bene divisibile, secondo il progetto predisposto nel 2013. 
Trascorrono così altri due anni e, la scorsa settimana, finalmente la causa interrotta è ripresa davanti alla seconda sezione civile della Corte di Appello. Il giudice ha finalmente proceduto a dividere la proprietà immobiliare, assegnando le quote ai contendenti che, all’epoca della nascita del contenzioso, erano poco più che trentenni e, oggi, sono ultrasessantenni. 
La macchina giudiziaria ha impiegato trentatré anni per definire una singola questione sorta nell’ambito di una causa più articolata (destinata a proseguire), con i due cugini, che, dopo avere litigato sulla sorte definitiva del bene, avevano intrapreso una causa da giovani. La conclusione è arrivata solo adesso, quando hanno quasi raggiunto l’età pensionabile. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA