RIETI - La beffa, dopo il danno provocato dalla perdita del posto di lavoro a causa del fallimento della ditta dove lavoravano da anni, si è materializzata nel momento in cui il curatore fallimentare, nominato dal tribunale, ha chiesto agli ex dipendenti di restituire i soldi ottenuti attraverso le azioni giudiziarie avviate dal loro avvocato per recuperare liquidazioni e stipendi arretrati maturati fino al 2015. La richiesta è formalmente ineccepibile e in linea con quanto previsto dalla procedura: le somme sono state incassate quattro giorni dopo la sentenza del tribunale che dichiarava fallita l’impresa di una famiglia di costruttori che aveva la sede legale in un paese del Montepiano Reatino, e, per legge, tutto ciò che rientra nella massa fallimentare (soldi, depositi, proprietà e altri beni) deve essere suddiviso tra creditori privilegiati e chirografari, secondo un ordine di priorità.
Le tappe
Gli ex dipendenti, stando così le cose, avrebbero dovuto perciò attendere il piano di riparto, ma la decisione del tribunale è stata notificata ben oltre i quattro giorni all’avvocato Vincenzo Di Fazio, legale dei lavoratori, risultati ignari, in questo modo, dell’avvenuto fallimento dell’ex datore di lavoro nel momento in cui percepivano quanto gli spettava. Una beffa, sulla quale l’avvocato sta lavorando per limitarne le conseguenze negative, ma che si ricollega all’endemico male della giustizia, quello dell’eccessiva lentezza.