RIETI - È stato, Franco Bianchi, l’ex sottufficiale dell’Arma di 75 anni, morto giovedì, investito da un furgoncino di medicinali in retromarcia, all’altezza della rotatoria di via del Terminillo, uno dei carabinieri maggiormente impegnati nei periodi in cui il Reatino fu teatro di vicende legate sia al terrorismo che alla criminalità organizzata. A partire dalla scoperta, avvenuta nel 1979, a Vescovio di Torri in Sabina, del covo delle Unità Combattenti Comuniste, formazione armata di estrema sinistra nata dopo la scissione dalle Brigate Rosse. Bianchi, in quel casale seminascosto, ci giunse insieme ai colleghi del nucleo Investigativo di Rieti e della compagnia di Poggio Mirteto. La Sabina, infatti, era finita nel mirino dopo il caso Moro e c’era il sospetto che lo statista fosse stato inizialmente tenuto prigioniero in un casello abbandonato della ferrovia Roma Firenze. «Trovammo una pistola calibro 7,65 - ricordava - e notai mezzo secchio di olio detergente, usato per pulire le armi. Possibile che tutto quell’olio servisse solo per quella? Interrogando alcuni vicini, seppi così che alcune persone salivano spesso sul tetto e decidemmo di ispezionarlo, trovando due serbatoi, di cui uno mimetizzato dall’edera e protetto da un nido di vespe, e fu proprio al suo interno che, dopo aver rimosso quella sorta di protezione, scoprimmo un arsenale di armi, insieme a documenti delle Unità Combattenti Comuniste e alle istruzioni per confezionare esplosivi. Era un deposito, dove le pistole venivano prelevate quando servivano per essere usate in qualche azione e, dopo essere state pulite e oliate, rimesse a posto». Seguirono decine di arresti e le Ucc furono smantellate.
La testimonianza
Periodi di grandi tensioni, che il carabiniere visse anche quando arrestò alla Pirelli di Tivoli Sergio Calore, terrorista dei Nar, coinvolto nell’inchiesta condotta dal sostituto procuratore Giovanni Canzio sul tentativo di ricostituzione del disciolto partito fascista.