Ma tanto era bastato, nelle more del gonfiore, per far denunciare alla signora (querela presentata in Questura) l’ennesimo (presunto) caso di malasanità e far finire sotto inchiesta il dottore che le aveva praticato l’iniezione. L’imputazione? Lesioni colpose, ipotesi che però non ha retto all’esito delle indagini della procura, tanto da spingere il pubblico ministero a chiedere l’archiviazione dell’inchiesta nei confronti dell’indagato, assistito dall’avvocato Attilio Ferri.
Ma ieri mattina, quello che sembrava un caso già definito, ha registrato uno stop improvviso. Il gip Fanelli, in un procedimento dove la querelante non si è costituita parte civile e neppure si è presentata in udienza, ha però deciso di ordinare nuovi accertamenti disponendo la restituzione del fascicolo alla procura che, adesso, avrà un mese di tempo per interrogare un altro medico del Pronto soccorso, intervenuto successivamente quando la donna era ritornata in ospedale con l’ arto bluastro.
L’avvocato Ferri, nel chiedere l’assoluzione del dottore («Non ci sono stati esiti permanenti alla mano») ha poi insistito per riqualificare il suo comportamento tra le ipotesi previste dal decreto Balduzzi (nato su iniziativa dell’ex ministro della Sanità per arginare il contenzioso giudiziario nella sanità) che considerano il medico esente da responsabilità se versa in colpa lieve ma si sia attenuto alle linee guida del protocollo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA