Rieti, Sandro Giovannelli
festeggia gli 80 anni:
una vita per l'atletica

Sandro Giovannelli al Guidobaldi preprara una gara di mezzofondo
di Massimo Cavoli
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Domenica 4 Dicembre 2016, 10:43 - Ultimo aggiornamento: 13:01
RIETI - Dice di sé: «Il bilancio, per me, è senz’altro positivo, almeno per quelli che erano i miei obiettivi li ho sicuramente raggiunti. Mi ero prefisso di portare l’atletica a grandi livelli mondiali, forse sono andato anche di là delle previsioni, però posso solo dire di essere soddisfatto». Sandro Giovannelli, tra i padri nobili dell’atletica reatina e patron del meeting (quest’anno annullato per la tragedia del terremoto), taglia oggi il traguardo (lui, che di traguardi se ne intende davvero) degli 80 anni (lo festeggeranno i volontari e i collaboratori di una vita) ma, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non li considera una tappa di arrivo.

Semmai, un momento per continuare a guardare avanti «perché il presidente della federazione internazionale mi ha confermato che non è stata proposta neanche la retrocessione del meeting. Riprenderemo nel 2017 con la 46ma edizione, sperando di arrivare a cinquanta, anche se non si può mai mettere fine alla provvidenza» chiosa Giovannelli, una carriera iniziata alla Fidal, ancora giovane insegnante di educazione fisica, e culminata alla federazione internazionale.

Un manager di assoluto livello mondiale (Primo Nebiolo, presidente negli anni 80 della Iaaf, lo scelse come braccio destro) basterebbe citare le grandi amicizie che vanta ancora oggi con personaggi del calibro di Sergej Bubka, il russo volante del salto con l’asta (presente a Rieti come atleta e anche in veste di vice presidente della Iaaf), Carl Lewwis, il “figlio del vento” che Sandro riuscì a far scendere in pista al Guidobaldi, nel 1987, contro Ben Johnson (seppure in batterie diverse) nella prima rivincita dopo i mondiali di Roma, vinti dal canadese di origine giamaicana, poi squalificato per doping. E non dimenticando quella con lo scomparso Pietro Mennea, l’alfiere che rese grande l’Alco Rieti insieme a Franco Arese, campione europeo dei 1500 a Helsinki, poi protagonista al meeting, fino a diventare presidente della Fidal.

LA CITTA’
Record a raffica (soprattutto nel mezzofondo, fino agli ultimi fantastici mondiali di Asafa Powell, nei 100 metri, e di Davide Rudisha negli 800 - «Sono quelli che mi hanno emozionato di più, ma non dimentico l’europeo sui 5000 di Kunze. Quell’anno, era il 1981, le due Germanie erano ancora separate») da far impallidire meeting più blasonati, realizzati su una pista definita magica dai tecnici e dalla stampa mondiale. Eppure, tra tanti successi, il rapporto con Rieti non è mai stato facile e la scintilla dell’intesa reciproca non è scattata, nonostante tutto. «La città è di anno in anno regredita negli aiuti economici, sicuramente dovuti anche alle condizioni generali del paese, ma non c’è stata mai riservata grande attenzione e mi sono ormai abituato a convivere con questa realtà - ammette Giovannelli -. Io ho considerato che, pur avendo dato molto a Rieti ed avendo ottenuto quello che era superiore alle previsioni, la città lo ha recepito come se tutto ciò fosse una cosa dovuta, piovuta dall’alto, cosa che così non è. Purtroppo, se ci sono soldi, disponibilità, bene, altrimenti devi fare da te. Io ho avuto la fortuna di aver fatto carriera indipendentemente dall’evento locale e di questo ne ha goduto anche la città che si è ritrovata un meeting di livello mondiale. Ma, onestamente, vedo che manca una risposta adeguata anche da parte di questa amministrazione».
Nemo profeta in patria, pensando all’indifferenza mostrata dal mondo politico nei confronti del manager, magari solo per affidargli un incarico: «La politica non mi ha mai cercato ma sono contento che sia andata così. Non credo che siano stati solo gli individui ma è l’ambiente che ha creato questa situazione, celata o meno da invidie, rancori dovuti a qualcosa che probabilmente anche io ho contribuito, involontariamente, a creare. Ma va bene così».

IL RICORDO
Le risposte giuste, invece, le ha avute dal mondo dell’atletica. «Non dimentico Andrea Milardi, si è impegnato fino a quando, purtroppo, la vita si è girata contro di lui. Andrea aveva la sua visione dello sport, era fatto in un certo modo, però coerente con le sue idee. Nell’ultimo periodo l’ho sentito stringersi di più e questo mi ha fatto piacere. Mi dispiace di non esserci stato quando la città l’ha salutato ma ero al nord, a fare rieducazione». Ottant’anni e non sentirli, auguri professore.
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