Rieti, per gelosia fa arrestare
il collega di ospedale, ma il suo
piano viene scoperto: condannato

Rieti, per gelosia fa arrestare il collega di ospedale, ma il suo piano viene scoperto: condannato
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Venerdì 20 Luglio 2018, 07:36 - Ultimo aggiornamento: 13:29
RIETI - Una gelosia nata sul posto di lavoro, un’accusa ingiusta di spacciare droga rivolta da un infermiere a un collega, fino alla condanna per calunnia nei confronti del primo. E’ stato il tribunale a mettere la parola fine, almeno in primo grado, a una brutta vicenda che ha rischiato di far finire in carcere, da innocente, un precario dell’ospedale de Lellis facendogli perdere il posto di lavoro.

A giocarselo è stato invece il reatino M.P., 39 anni, già assegnato agli arresti domiciliari all’inizio dell’inchiesta, condannato dal giudice monocratico, Ilaria Auricchio, a due anni e sei mesi di reclusione per calunnia e detenzione illegale di sostanze stupefacenti, oltre al pagamento di una provvisionale di tremila euro alla vittima (parte civile, assistita dall’avvocato Andrea Santarelli) e al risarcimento dei danni da liquidare in un altro giudizio. Un processo dal percorso movimentato (l’imputato, coinvolto in un incidente stradale lo scorso anno che gli ha provocato serie lesioni, è stato sottoposto a tre perizie, con esiti contrastanti, sulla sua capacità di stare in giudizio) e dall’acceso finale, dove la difesa dell’imputato (avvocato Riziero Angeletti) aveva chiesto al giudice di astenersi per una presunta incompatibilità, istanza trasmessa subito al presidente del tribunale De Angelis, ma risolta con l’invito a proseguire fino alla conclusione del dibattimento.

«L'AGGUATO»
Una storia nata da alcune dosi di droga nascoste da M.P. nel bagagliaio dell’auto del collega, seguita da un sms anonimo inviato dall’imputato sul cellulare di un carabiniere in servizio al nucleo investigativo di Rieti per avvertirlo. E, in effetti, nella Golf fermata al bivio di Fonte Cottorella, i militari avevano trovato undici grammi di marijuana – non certo l’ingente quantità annunciata con il messaggio – tanto che l’infermiere finì in caserma, ma evitò l’arresto grazie all’intuito del militare che aveva ricevuto la soffiata anonima, riuscito ugualmente a risalire all’identità dell’autore, cliente della sua stessa palestra e per questo in possesso del numero telefonico, e alle dichiarazioni rese dal fermato su possibili retroscena nell’ambiente di lavoro.

Indagini corredate dai filmati delle telecamere esterne al de Lellis e dagli orari che - secondo magistrato e carabinieri - inchiodavano l’imputato mentre apriva il bagagliaio della Golf per nascondere la droga. Un piano ideato da M.P. per liberarsi di uno scomodo collega, in corsa per ottenere la trasformazione del rapporto di lavoro da precario a tempo indeterminato, poi ottenuto dall’infermiere vittima, successivamente prosciolto da ogni accusa.
 
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