Rieti, colpo al bancomat: istituto di vigilanza condannato in sede civile a risarcire la banca

Un bancomat (archivio)
di Massimo Cavoli
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Sabato 17 Luglio 2021, 00:10

RIETI - Il ladro (o più di uno?) aveva svuotato il bancomat della banca, appena rifornito di 100 mila euro. Un furto ben organizzato, considerato che l’Arsenio Lupin rimasto senza volto non aveva lasciato tracce utili per arrivare alla sua identificazione, né sulle porte di ingresso al locale che ospita l’Atm erano stati rilevati segni di effrazione, come pure il sistema di allarme non era scattato, ritardando così di quattro giorni la scoperta della sottrazione del denaro avvenuta il 5 febbraio 2010. Insomma, chi era entrato sapeva come muoversi, conoscendo anche la password della cassaforte, ma le indagini dei carabinieri non erano riuscite a dare un nome e un volto all’autore del colpo e la richiesta di archiviazione dell’inchiesta da parte della procura era stata inevitabile.

I passaggi
Non si è fermata, invece, l’azione di risarcimento danni per inadempimento contrattuale avviata in sede civile dalla direzione del gruppo creditizio nazionale nei confronti dell’istituto di vigilanza, incaricato di rifornire del denaro contante gli Atm delle agenzie cittadine, e la sentenza della giudice Roberta Della Fine ha accolto, seppure non completamente, le richieste della derubata. La società privata, e per essa la compagnia di assicurazioni inglese, è stata condannata a pagare una somma inferiore ai 94.340 euro sottratti, «perché non ha dimostrato che l’inadempimento nella custodia del bene sia derivato da causa alla stessa non imputabile e non ha assolto l’onere della prova su di essa gravante, in ordine alla corretta custodia delle chiavi e dei codici di accesso alla cassaforte» che, secondo l’avvocato Vincenzo Di Fazio, legale dell’istituto di vigilanza, erano invece strumenti custoditi in cassette di sicurezza della centrale operativa, sottoposta a sorveglianza armata 24 ore su 24, mentre non era stato documentato, con altrettanta chiarezza, il numero complessivo delle chiavi in dotazione al bancomat e i loro passaggi di mano nel lungo periodo gestito dal personale bancario.

L'eccezione
Ma tutte le colpe non sono ricadute solo sulla società di vigilanza.

La giudice ha, infatti, accolto, ritenendola fondata, l’eccezione sollevata dall’avvocato Di Fazio sull’attribuzione di un concorso di colpa alla banca, nella causazione del danno, riconosciuto in percentuale ridotta, in quanto l’allarme non era scattato. Il ragionamento del tribunale si è basato sul principio del «più probabile che non», «non essendo emersa in giudizio la prova di un guasto al sistema di allarme che possa aver giustificato il mancato invio del segnale dopo l’apertura del bancomat, poiché appare verosimile che, ove l’allarme collegato con la Questura e all’istituto di vigilanza fosse stato inserito e si fosse conseguentemente attivato, il furto avrebbe avuto maggiori probabilità di essere sventato».

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