Il Festival di Sanremo parla anche reatino col direttore dell'orchestra Leonardo De Amicis

Leonardo De Amicis
di Sabrina Vecchi
4 Minuti di Lettura
Venerdì 10 Febbraio 2023, 00:10

RIETI - Da Corvaro a Sanremo, «dirige l’orchestra il maestro Leonardo De Amicis». Il musicista tutto made in Cicolano, con madre di Fiamignano e una vita vissuta nelle nostre zone, risponde al telefono dal Teatro Ariston che in questi giorni ospita la 73esima edizione del Festival della Canzone Italiana. «Fa freddo qui in Riviera, figuriamoci sul mio amato Terminillo: c’è neve?», risponde il maestro tra una prova e l’altra: «Sanremo è una macchina rodatissima composta da molti reparti che si coordinano tra loro, ma la cosa più difficile è che accadono anche cose che vengono decise all’ultimo momento: questo ti porta a lavorare senza sosta e limiti di tempo». Circa mille le persone che lavorano al Festival, una macchina estremamente complessa che inizia a muoversi molti mesi prima: «Ad esempio con lo scenografo Gaetano Castelli ci siamo visti ad agosto, poi ciascuno ha fatto il suo lavoro e ci siamo trovati direttamente qui: è una sorta di enorme ingranaggio dove ogni cosa sta al suo posto per creare lo spettacolo che state vedendo».

Il funzionamento. Un meccanismo che De Amicis conosce bene: «Ho partecipato spesso al Festival e sono direttore stabile dell’orchestra per la quarta volta consecutiva.

Ogni cantante ha il suo entourage, per il resto tutta la parte musicale del programma è scritta da me, dai pezzi per l’orchestra alla sigla, dagli stacchi ai sottofondi degli ospiti». Un lavoro complesso che necessita di ritmi incessanti: «Nonostante la sera si faccia davvero tardi, al mattino alle 8 sono già nella mia postazione vicina all’Ariston, che mi consente di scrivere le partiture con una certa concentrazione. Decidiamo il taglio, l’arrangiamento, e alle 14 iniziano le prove in teatro, con Amadeus che supervisiona tutto ed è presente su ogni cosa». E si prosegue fino a sera: «Con le prove arriviamo spesso a ridosso delle 19, quando in teatro arriva la sicurezza per la bonifica. Poi entra il pubblico e noi ci vestiamo e andiamo al trucco e parrucco: massimo alle 20.20 dobbiamo essere tutti pronti». E la cena? «Non solo non c’è tempo, ma non sono abituato a mangiare prima: prendo un caffè, respiro un po’ d’aria fresca e vado in postazione. Si cena dopo lo spettacolo, intorno alle 2 o alle 3 di notte: i ristoratori di Sanremo sono abituati a questi ritmi». Un’edizione del Festival che sta segnando una sorta di ritorno alla normalità, dopo i difficili anni della pandemia: «Soprattutto il secondo anno di Covid è stato complicatissimo - dice De Amicis – oggi le persone lavorano liberamente nelle tante attività collaterali che girano intorno al Festival». Ascolti da record anche quest’anno, con uno dei picchi registrato mercoledì sera durante l’esibizione di Morandi, Al Bano e Ranieri: «Un vero spaccato di musica italiana, tre artisti giganteschi che hanno dovuto rinunciare a tanti successi. Con loro, gli autori e Amadeus abbiamo concordato i pezzi, l’idea e la messa in scena. Poi ho scritto la musica e abbiamo fatto le prove singole: solo il pomeriggio stesso hanno fatto le prove tutti insieme. Loro hanno fiducia nel direttore, io ho grande rispetto dell’artista: solo così si va avanti insieme». Il momento più emozionante delle prime serate? «Scrivere la musica per il monologo sull’Iran è stato molto bello, siamo particolarmente attenti quando tocchiamo questi temi». Oltre all’estrema professionalità, il Festival di Sanremo richiede una capacità di gestire psicologicamente non solo il grande impegno, ma anche le esigenze del live: «Non lavoro solo con la bacchetta, ma soprattutto con occhi e orecchie. Ho una gestione a vista con Amadeus e gli orchestrali, bisogna sempre ricordarsi che è uno spettacolo televisivo: evitare ad esempio di soffocare un applauso, essere attenti a tante cose perché tutto vada liscio e il pubblico non si accorga di nulla. Ciascuno di noi sa gestire ogni emergenza del proprio settore, basti pensare che le sarte hanno smontato e rimontato la mia giacca nel tempo della pubblicità per un bottone che non andava. Perché tutto deve essere perfetto». E perché, nonostante tutto, Sanremo è sempre Sanremo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA