Rieti, un anziano raggirato sull’eredità: nei guai titolare di casa di riposo

Tribunale
di Renato Retini
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Martedì 8 Settembre 2020, 01:58
RIETI - ​Quei soldi avevano attirato l’attenzione di troppe persone, al punto che per ben due volte era stato convinto da chi lo assisteva a lasciarglieli in eredità. Ma l’ultraottantenne reatino, che ha trascorso gli ultimi anni della sua vita alloggiando tra una casa di riposo e l’altra, non era in grado di scrivere di proprio pugno un testamento perché incapace e affetto, soprattutto negli ultimi tempi, da demenza senile. E chi era stato accusato di averlo circuito, è stato condannato. L’ultima sentenza che certifica il raggiro subito dall’anziano è stata emessa ieri in tribunale nei confronti di Maria Teresa Santoni, titolare dell’istituto Villa Mara di Contigliano, riconosciuta colpevole di circonvenzione di incapace e condannata dal giudice monocratico Marinelli a un anno e quattro mesi di reclusione nonché al risarcimento danni in favore delle due nipoti dell’uomo, assistite come parte civile dall’avvocata Anna Rita Rufini. È lo stesso legale che aveva già seguito (con successo) il precedente caso di circonvenzione del quale era rimasto vittima l’anziano e che aveva portato nel 2010 alla condanna in Cassazione di una geometra reatina di 68 anni, P.A, accusata di essersi fatta nominare erede universale di un patrimonio (denaro e appartamenti per un valore stimato di oltre 700mila euro) recuperato, per buona parte, dopo la sentenza definitiva.
Anche nel caso della Santoni di mezzo c’è un testamento olografo con cui, ha sostenuto l’accusa, la donna avrebbe raggirato l’ospite, convincendolo a indicarla beneficiaria di 400mila euro, somma equivalente dell’azione civile di risarcimento promossa contro la geometra dopo la prima vicenda giudiziaria, mentre altri beni l’uomo, che non aveva avuto figli in vita, li aveva destinati ai bambini poveri di Rieti e provincia, indicando nel sindaco l’esecutore testamentario. La titolare di Villa Mara, all’indomani della morte dell’ospite, era quindi andata alle Poste esibendo il documento per ritirare il denaro dal conto, ma la somma non c’era più, spostata nel frattempo dalle nipoti che non erano convinte della scelta fatta dallo zio e avevano presentato una querela dopo la pubblicazione del testamento. Esposto rimasto per sei anni fermo in procura, dal 2012 al 2018, fino alla richiesta di archiviazione sollecitata dal pubblico ministero, ma opposta dall’avvocata Rufini, le cui ragioni erano state accolte dal gip Ilaria Auricchio, tanto da costringere la procura a formulare l’imputazione coatta. Ieri la sentenza di condanna (motivazioni tra 45 giorni) dopo un processo in cui, tra l’altro, il medico curante dell’ultraottantenne ha confermato che il suo assistito, affetto da demenza, non avrebbe mai potuto redigere da solo un atto testamentario.
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