Anche nel caso della Santoni di mezzo c’è un testamento olografo con cui, ha sostenuto l’accusa, la donna avrebbe raggirato l’ospite, convincendolo a indicarla beneficiaria di 400mila euro, somma equivalente dell’azione civile di risarcimento promossa contro la geometra dopo la prima vicenda giudiziaria, mentre altri beni l’uomo, che non aveva avuto figli in vita, li aveva destinati ai bambini poveri di Rieti e provincia, indicando nel sindaco l’esecutore testamentario. La titolare di Villa Mara, all’indomani della morte dell’ospite, era quindi andata alle Poste esibendo il documento per ritirare il denaro dal conto, ma la somma non c’era più, spostata nel frattempo dalle nipoti che non erano convinte della scelta fatta dallo zio e avevano presentato una querela dopo la pubblicazione del testamento. Esposto rimasto per sei anni fermo in procura, dal 2012 al 2018, fino alla richiesta di archiviazione sollecitata dal pubblico ministero, ma opposta dall’avvocata Rufini, le cui ragioni erano state accolte dal gip Ilaria Auricchio, tanto da costringere la procura a formulare l’imputazione coatta. Ieri la sentenza di condanna (motivazioni tra 45 giorni) dopo un processo in cui, tra l’altro, il medico curante dell’ultraottantenne ha confermato che il suo assistito, affetto da demenza, non avrebbe mai potuto redigere da solo un atto testamentario.
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