Rieti, la dinastia Sacco: dalle pompe di benzina all’espresso ma sempre con i piatti del deejaying

Il vecchio distributore a Rieti
di Luigi Ricci
4 Minuti di Lettura
Sabato 9 Luglio 2022, 00:10

RIETI - E’ un po’ come “Il ragazzo della via Gluck”, quando Adriano Celentano canta «là dove c’era l’erba ora c’è una città», anche se questa volta si potrebbe dire esattamente il contrario. Ovvero: «là dove c’era un distributore di benzina ora c’è un prato», nell’area antistante le mura di porta d’Arce sulla Salaria in direzione Roma. Lì infatti, dal 1952 al 31 ottobre 2014 c’era una pompa di carburante.

Segno dei tempi. In verità i distributori erano due, l’altro si trovava sul lato opposto della strada, però quello storico, che fungeva anche da gommista, era quello gestito da Giovanni Sacco e famiglia – il cugino Metardo e il figlio Antonio, del quale parleremo più tardi – fino a quando non prevalse la scelta delle compagnie petrolifere di gestire i distributori “fai da te” che garantiscono introiti più alti piuttosto che spartirli con i gestori privati. Tra l’altro Giovanni fu tra i sindacalisti che a suo tempo si batterono per adeguare i guadagni arrivando a strappare l’8% rispetto al precedente 3%. Ma alla lunga la logica delle grandi compagnie prevale sempre e così nel 2014 arrivò l’inatteso ordine di chiudere. 
Nel frattempo l’oggi 88enne Giovanni aveva già maturato i diritti per la pensione.

E’ comunque un segno dei tempi e della trasformazione di un’area molto vivace fino al termine del ‘900, meta d’incontro di cacciatori e amanti dell’automobilismo – il professor Baroni, l’avvocato Italo Carotti, Checco Marcucci e tanti altri - quando c’erano poste, macelleria, fruttivendoli, un ristorante, il dispensario – oggi c’è il Cim – nel quale si curavano le malattie polmonari. Una zona frequentata da tante figure tipiche di una Rieti che non c’è più come “Lottino”, “Rubacore” o il mitico “Creccrè”, grande ex calciatore nel Rieti ed eccellente cestista nella Sebastiani. Oggi invece, come testimonia quel prato, porta d’Arce è un’area di transito che non invita a fermarsi. Al massimo per un cocomero.

Di padre in figlio. Come già accennato anche Antonio si era dedicato col padre a gestire il distributore, riuscendo però a non farsi trovare impreparato quando arrivò l’inattesa chiusura: «Dal 1982 avevo conseguito la qualifica per gestire bar e ristoranti e ciò mi permise nel 2016 di aprire “Zeroinfinito Lounge Cafè” in via Garibaldi», un luogo che fosse un punto di incontro in centro per una amplia clientela in un momento in cui varie attività similari stavano subendo trasformazioni. 
Ma non basta, contemporaneamente Antonio da oltre 30 anni ha coltivato la passione per la musica e in particolare per il “deejaying”: «Sono cresciuto negli anni ‘80 – racconta – epoca in cui esplose la disco music, seguita da altri fenomeni legati alla cultura dance, nei quali il ruolo del dj è fondamentale». In quegli anni tra l’altro a Rieti c’erano tanti club e discoteche, come l’O’ Rey, il Bop, l’Arcadia, solo per citare i più importanti: «Locali che non esistono più e sulla cui scomparsa bisognerebbe interrogarsi riguardo a dinamiche sociali ed economiche che hanno portato a ciò. Ora Rieti – prosegue Antonio, iscritto alla Siae con partita Iva per svolgere l’attività di dj – è abbastanza stagnante. Certamente, terremoto e pandemia hanno contribuito e di sicuro oggi se un giovane reatino volesse intraprendere la carriera di dj dovrebbe fuggire». Nel frattempo Antonio Sacco non si arrende e, prima con OfficinaArte Rieti e poi con le associazioni Musikologiamo, l’Officina dell’Arte e dei Mestieri e il proprio sito web, si adopera quale agitatore culturale promuovendo eventi, esibendosi in dj set per cercare di animare una situazione altrimenti poco vivace nella nostra città.

© RIPRODUZIONE RISERVATA